A Milano un nuovo centro di riferimento per la diagnosi, la riabilitazione e l’assistenza, frutto della sinergia tra strutture ospedaliere ed universitarie, ha avviato alcuni interessanti progetti di ricerca per l’acquisizione di ulteriori conoscenze in campo genetico e clinico.
Dott. Silvia Russo, Responsabile Laboratorio di Genetica molecolare Istituto Auxologico Italiano, Milano
Presso l’Istituto Auxologico Italiano gli studi genetici sulla sindrome di Rett sono stati avviati nell’anno 2000 dopo l’identificazione del gene MeCP2. Da allora più di 300 bambine e circa 50 maschi con encefalopatia sono stati analizzati ed è stato attivato un servizio di attività diagnostica che, attraverso una opportuna flow-chart, permette di valutare la presenza/esclusione di tutti i difetti genetici per ora noti nella sindrome di Rett. La diagnosi genetica è stata confermata in 74 bambine con mutazione nel gene MeCP2 e in 6 bambine con mutazione nel gene CDKL5.
Si sequenziano quindi entrambe le isoforme di MeCP2, il gene CDKL5 e si valuta la presenza di delezioni di interi esoni in entrambi i geni.
Attualmente il Centro di Epilettologia e il Reparto di Pediatria dell’Ospedale San Paolo, il dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, il Centro Don Calabria e l’Istituto Auxologico Italiano, hanno creato un centro di riferimento per la diagnosi, la riabilitazione e l’assistenza delle bambine con sindrome di Rett. La buona sinergia, già precedentemente collaudata tra questi centri ha permesso l’avvio di una serie di progetti di ricerca volti all’acquisizione di nuove conoscenze: conoscenze di base, nell’ambito degli aspetti genetici, che permettano di fare luce sulla complessità dei meccanismi che determinano l’insorgenza della malattia e in un futuro pensare allo sviluppo di una terapia, ma anche conoscenze utili a definire la natura e l’evoluzione dei molteplici aspetti clinici che affliggono le bambine con la sindrome di Rett, quali l’epilessia, l’autismo, l’osteoporosi e molti altri, per sviluppare strategie di riabilitazione e cura che migliorino la qualità della loro vita.
Grazie al contributo degli associati abbiamo potuto destinare dei fondi ad un giovane ricercatore che, sotto la nostra supervisione, si dedicherà interamente ad attività di ricerca sulla sindrome di Rett.
Obiettivo dei progetti di ricerca attivi presso il nostro Centro:
a) Creazione di una banca di linee linfoblastoidi di pazienti con sindrome di Rett, strumento utile alla ricerca di base.
Per quanto concerne la ricerca di base, è infatti fondamentale disporre di una banca di materiale biologico che ci consenta di procedere negli studi senza dover richiede ulteriori prelievi alle pazienti. A tale scopo abbiamo avviato l’allestimento di linee linfoblastoidi di pazienti con mutazione e di pazienti senza mutazione ma con un quadro clinico suggestivo della sindrome che costituiranno una banca nazionale da affiancare a quella già realizzata dall’Università di Siena. La sindrome di Rett è una malattia rara ed è perciò importante riuscire a raccogliere il maggior numero di casi; saranno inseriti in questa banca anche pazienti di sesso maschile con mutazione nel gene MeCP2, qualora disponibili (attualmente abbiamo un caso). La banca biologica sarà affiancata da un database che raccolga le informazioni cliniche e follow-up di ciascuna paziente inserita nello studio.
b) Studiare la componente genetica che contribuisce alla variabilità clinica riscontrabile in pazienti Rett portatrici della stessa mutazione nel gene MeCP2.
Molte bambine con sindrome di Rett mostrano un’evoluzione della malattia che, per i singoli sintomi, appare piuttosto variabile. Per intendersi in alcune l’epilessia o la scoliosi, ad esempio, sono molto più gravi che in altre che pure hanno la stessa mutazione. Uno dei fattori responsabili di questa variabilità è dato dalla inattivazione del cromosoma X che è generalmente bilanciata (questo significa che il cromosoma X che porta la mutazione e quello che è normale sono attivi nella stessa percentuale) nelle bambine con sindrome di Rett. Talvolta uno solo dei due cromosomi X funziona e quando si tratta di quello con un difetto molecolare nel gene MeCP2 il quadro clinico può apparire più severo. Ma questo è solo uno degli elementi che possono contribuire all’eterogeneo decorso clinico che si osserva nella sindrome di Rett. Si ipotizza che altri aspetti concorrano a tale diversità, quali una diversa espressione di geni che influenzino in qualche modo l’attività di MeCP2, oppure la presenza nel genoma di un individuo di altre variabili che modulino l’effetto del principale difetto dato dalla mutazione di MeCP2. A tale scopo si raggrupperanno le pazienti con la stessa mutazione, partendo da quelle più ricorrenti, e scegliendo specifici parametri clinici in cui è stata osservata una maggiore variabilità, quali l’età d’insorgenza e/o la gravità della scoliosi, la presenza e la gravità dell’epilessia, il tipo di apnee. Prioritaria sarà la valutazione della presenza del tratto autistico mediante le scale ADI/ADOS.
Nel nostro progetto ci si concentrerà in prima battuta sulle variazioni significative nell’espressione genica date dalla mutazione di MeCP2; lo studio sarà fatto mediante array di metilazione e/o espressione confrontando quanto si osserva nei campioni normali rispetto ai campioni patologici e successivamente confrontando gruppi di pazienti che abbiano la stessa mutazione. Il materiale biologico utilizzato per gli esperimenti sarà ricavato dai linfociti delle linee linfoblastoidi.
Che risultati ci attendiamo? I risultati di questo studio dovrebbero permetterci di capire se esiste una reale differenza determinata dalle diverse mutazioni e che peso hanno le diverse mutazioni rispetto ad altri fattori sempre genetici.
Un ulteriore risultato che potrebbe scaturire da tale studio è l’identificazione di geni target di MeCP2. L’identificazione dei bersagli più importanti di MeCP2 è uno dei principali obiettivi della ricerca quando si parla di sindrome di Rett, perché rappresenta una tappa fondamentale verso la scoperta di farmaci che possano migliorare le condizioni cliniche della malattia.
Ci si avvale a tale proposito della disponibilità presso il nostro laboratorio della linea linfoblastoide di un paziente maschio con mutazione c.1163_1207del44, pPro398X. I maschi con mutazione sono per la ricerca uno strumento molto prezioso, perché ci permettono di studiare l’effetto puro della mutazione in assenza di un cromosoma normale.
Infine un ultimo aspetto della nostra ricerca si adopera per scoprire nuovi difetti genetici in MeCP2 e CDKL5 in quelle pazienti che manifestano clinicamente la sindrome di Rett, ma non hanno nessuna mutazione nella sequenza codificante (ossia in quella parte del gene che direttamente costituisce il codice per la proteina) dei due geni noti. Ci sono alcune regioni della sequenza che non appartengono alla sequenza codificante ma potrebbero essere importanti per produrre una corretta proteina o per produrne una quantità sufficiente. Proprio per questo sarà privilegiato lo studio di quelle pazienti di cui è disponibile anche l’RNA; infatti l’analisi di queste nuove regioni sarà affiancato da una valutazione della quantità di trascritto per definire un’effettiva alterazione o variazione in quantità.
La nostra attività di ricerca si avvale della collaborazione di clinici esperti, in particolare del gruppo del San Paolo, del Fatebenefratelli, dell’Istituto Neurologico Carlo Besta, degli Spedali Civili di Brescia oltre che da altre Neuropsichiatrie del Besta.