Speciale Congresso Lido di Camaiore 2006
Il concetto di salute orale correlato con la qualità di vita prende spunto dalla definizione di salute che l’OMS diede nel 1946. Per salute s’intende “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solo l’assenza di malattia o infermità”. In particolare lo stato di salute orale è stato posto come indice di qualità di vita.
La prevenzione ha il compito di impedire l’insorgenza e la progressione delle malattie per mezzo di interventi su popolazioni e su ambienti di vita e di lavoro.
A seconda degli obiettivi e dei metodi di intervento si hanno diversi tipi di prevenzione:
- Prevenzione primaria: impedisce l’insorgenza di malattia, quindi in ambito odontoiatrico mira al mantenimento della salute orale;
- Prevenzione secondaria: intercetta i casi di malattia prima che questi si manifestino completamente, quindi mira a mantenere uno stato di relativo benessere orale.
Lo scopo fondamentale della prevenzione in campo odontoiatrico è quello di mettersi nelle condizioni di poter eseguire interventi minimali, cioè brevi e poco invasivi. Tale comportamento è di fondamentale importanza soprattutto per pazienti disabili e poco collaboranti.
La prevenzione, a differenza della cura, non interessa solamente personale medico, ma tutte le persone che vivono accanto al bambino disabile, come i genitori, gli insegnanti di sostegno e i fisioterapisti.
La patologia cariosa è una delle malattie da infezione batterica più diffuse nella popolazione mondiale. La sua eziologia è multifattoriale: flora batterica, suscettibilità dell’ospite, dieta e fattore tempo rivestono un ruolo fondamentale per l’insorgenza della stessa.
Le categorie di pazienti a maggior rischio di carie sono quelle con condizioni socio-economiche disagiate (razza, etnia, occupazione, reddito, livello culturale dei genitori) e quelle che comprendono soggetti diversamente abili dal punto di vista fisico, mentale ed emozionale (“Children with Special HealthCare Needs” CSHCN).
I programmi di prevenzione orale riguardano: l’istruzione all’igiene orale ed alimentare, la fluoroprofilassi, le visite di controllo periodiche, le sedute di igiene professionale e i programmi di prevenzione secondaria.
Il meccanismo d’azione del fluoro nella prevenzione della carie è duplice: da un lato, infatti, esso agisce sulla struttura dentaria rinforzandola, dall’altro sui microorganismi della placca responsabili della produzione di acidi. Il fluoro interagisce con lo smalto sia durante l’odontogenesi (processo di formazione della struttura dentale), che dopo l’eruzione dell’elemento nel cavo orale, in quanto capace di fissarsi sulla superficie dello smalto, specie in presenza di tessuto demineralizzato, concorrendo alla remineralizzazione di lesioni cariose in fase iniziale. Le fonti di assunzione del fluoro sono molteplici. Inizialmente e per lungo tempo la via di assunzione principale è stata l’acqua potabile, nella quale il fluoro poteva essere presente sia naturalmente che in seguito a fluorizzazione. Attualmente, soprattutto in alcuni paesi non si beve più acqua del rubinetto ma acqua minerale. Una normativa CEE (maggio 2003) renderà obbligatoria dal gennaio 2006 l’indicazione sull’etichetta della bottiglia di acqua minerale della concentrazione di fluoro, richiamando l’attenzione sul fatto che una concentrazione superiore a 1,5 mg/l potrebbe essere dannosa per i lattanti ed i bambini che ne fanno un uso regolare.
Ci sono, inoltre, molti cibi e bevande che contengono fluoro. Lo schema di fluoroprofilassi sistemica dovrà dunque tenere presente qualsiasi fonte di assunzione.
L’“European Association of Dental Public Health” (EADPH) consiglia di effettuare la fluoroprofilassi per via sistemica dal termine dell’allattamento ai 3 anni di vita del bambino. A 3 anni, epoca della maturazione del riflesso della deglutizione si può cominciare la profilassi topica, utilizzando il dentifricio per bambini che ha una concentrazione di fluoro tra le 400 e le 550 ppm. Dai 6 anni in poi si potrà consigliare l’uso del dentifricio per adulti, tenendo conto che a quell’età il bambino non dovrebbe più ingerire il dentifricio e comunque che la dose tossica è straordinariamente superiore alle dosi a cui siamo abituati.
Uno dei cardini della prevenzione della carie è il controllo della flora batterica mediante la rimozione della placca dentale. La pulizia dei denti deve avvenire dopo l’assunzione di ogni pasto (comunque almeno due volte al giorno) fin dalla comparsa dei primi denti decidui. Dovrà essere seguita anche in condizioni “difficili”, sfruttando ad esempio l’ausilio di apribocca e cunei in gomma. L’uso di collutori antiplacca a base di clorexidina deve essere considerato quale coadiuvante e non sostitutivo dell’igiene orale meccanica.
Gioca anche un ruolo importante nel controllo della carie la possibilità di modificare le abitudini alimentari, in particolar modo di contenere la frequenza delle assunzioni del cibo, di ridurre nella dieta la quantità di carboidrati e di eliminare cibi ad alta viscosità. Agli zuccheri ed amidi vengono attribuite particolari responsabilità nel provocare la carie dentarie e a determinarla non sarebbero tanto le quantità quanto le modalità di consumo. Infatti, tra gli alimenti dolci alcuni apportano sostanze nutritive, mentre altri sono costituiti prevalentemente o unicamente dal saccarosio, il più cariogeno tra gli zuccheri semplici. Consideriamo anche la possibilità che questo zucchero sia contenuto anche in alcuni medicinali somministrati sotto forma di sciroppi, gocce, fiale orali, compresse masticabili, bustine da sciogliere in acqua o tisane liofilizzate.
E’ nota anche l’azione cariogena di bevande zuccherine, carbonate e a pH acido quali succhi di frutta, thè o tisane con aggiunta di zucchero o miele, il cui consumo dovrebbe quindi essere controllato. I consigli saranno quindi quelli di fare una buona colazione il mattino, cui seguirà subito un’adeguata igiene orale, evitare di mangiare fuori pasto, ridurre il consumo di dolci, ridurre i carboidrati e aumentare i vegetali crudi e il latte.
Altro capitolo importante sul quale poter intervenire con programmi di prevenzione è quello dei traumi dentali, una delle emergenze odontoiatriche più frequenti nel bambino. Studi epidemiologici affermano che un bambino su due subisce un trauma dentale in seguito a cadute accidentali, attività sportive, incidenti stradali o violenza, più frequentemente in età compresa tra gli 8 e i 12 anni.
La traumatologia dentale dunque non può essere trascurata dagli odontoiatri che sono chiamati sempre più spesso ad affrontare le emergenze traumatologiche grazie ad una maggior sensibilizzazione al problema da parte dei pediatri, dei genitori e degli insegnanti. L’utilizzo di protocolli diagnostici e terapeutici corretti è indispensabile per prendersi cura dei bambini che hanno subito traumi dentali e per condizionare positivamente la prognosi delle lesioni e quindi la salute orale, l’aspetto e perché no, la qualità di vita del bambino.
Nei bambini si riscontrano traumi ai denti decidui nel 30-40% dei casi e traumi ai denti permanenti nel 22%. L’incidenza massima si verifica all’età di 1-3 anni per i denti decidui e all’età di 8-11 anni per i denti permanenti.
Le lesioni si verificano prevalentemente a carico dei denti del settore frontale superiore per la maggiore esposizione di questi elementi dentari alle noxe patogene traumatiche.
Secondo alcuni Autori esistono poi particolari condizioni in grado di favorire il verificarsi di lesioni traumatiche della dentatura sia decidua che permanente che possono essere distinte in:
- cause in riferimento all’età
- cause predisponenti anatomiche
- cause predisponenti in relazione a condizioni generali.
Tra le cause predisponenti anatomiche vengono inserite l’aumento dell’overjet (intendendo la distanza in senso antero-posteriore tra il margine incisale dell’incisivo superiore e la superficie vestibolare dell’incisivo inferiore), l’incompetenza labiale, l’amelogenesi imperfetta e patologie delle ossa mascellari.
Tra le cause predisponenti in relazione a condizioni generali: bambini con disabilità fisiche o psicofisiche con incoordinazione motoria ed assenza di meccanismi di difesa, cadute durante crisi epilettiche e crisi vagali.
In numerosi casi, in conseguenza di un trauma in dentizione decidua, si possono riscontrare lesioni di vario tipo a livello dei denti permanenti corrispondenti.
I meccanismi eziopatogenetici che portano a queste lesioni sono fondamentalmente di due tipi:
- Cause dirette: lesione al follicolo dentario del dente permanente causata dall’impatto diretto con l’apice radicolare del deciduo traumatizzato.
- Cause indirette: lesione al follicolo dentario del dente permanente causata dall’infezione conseguente alla necrosi pulpare del dente deciduo traumatizzato.
Gli esiti sui denti permanenti dei traumi a carico dei denti decidui vengono classificati in base alla classificazione proposta nel 1970 da Andreasen: displasia/ipoplasia dello smalto, dilacerazione della corona, malformazione simil-odontoma, duplicazione radicolare, angolazione della radice, arresto di sviluppo parziale o totale della radice, sequestro del germe, eruzione ectopica, tardiva, precoce.
Dopo qualsiasi tipo di trauma sarebbe bene prescrivere una terapia antibiotica per una settimana per ridurre i rischi di complicanze. L’antibiotico di prima scelta è l’Amoxicillina 50 mg/Kg/die, in caso di ipersensibilità possono essere somministrati macrolidi.
L’odontoiatra riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione primaria e secondaria dei traumi dentari. Il suo compito dovrebbe essere quello di informare le famiglie e chiunque operi in contesti scolastici e sportivi: in primis su come ridurre l’incidenza dei traumi, ma anche su quali dovrebbero essere gli atteggiamenti più corretti una volta che l’evento si è verificato. Questo si traduce in: correzione di fattori anatomici predisponesti (quali overjet aumentato ecc…); utilizzo di dispositivi di protezione (intra ed extra-orali, come caschi e mouthguard). Anche quando il trauma si è verificato, la tempestività e la correttezza delle manovre adottate sono cruciali ai fini della prognosi. Un altro compito è quello di sensibilizzare le famiglie sull’importanza del recupero del frammento dentale in caso di frattura coronale o dell’elemento dentale perso in caso di avulsione e sul modo di conservazione nell’ambiente più idoneo (soluzione fisiologica o latte) per permettere all’odontoiatra l’intervento più idoneo e nel più breve tempo possibile.
Le manifestazioni orali più caratteristiche riscontrate nelle bambine con Sindrome di Rett sono: bruxismo, movimenti ripetitivi ed incoordinati della lingua (spesso protrusione), ipertrofia bilaterale dei masseteri, scialorrea, chiusura incompleta della bocca secondaria a morso aperto anteriore dovuto a movimenti protrusivi della lingua, erosione della struttura dentale per reflusso gastroesofageo e conseguente esposizione agli acidi gastrici. In particolare, il bruxismo sembra essere più frequente durante la veglia, causa usura severa nella dentizione decidua; è più comune durante l’infanzia, ma soprattutto è resistente alla fabbricazione di bite dentali e al controllo farmacologico (somministrazione di benzodiazepine o miorilassanti).
Antonella Caputo, Dott.ssa Giorgia Costella
Bibliografia
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