descrizione
In uno studio recente, abbiamo riportato che la somministrazione di una tossina di derivazione batterica, per brevità denominata CNF1, migliorava in maniera evidente alcune delle alterazioni comportamentali osservabili in topi transgenici, modello per la sindrome di Rett. Il CNF1 è risultato anche in grado di contrastare alcune anomalie morfologiche nel cervello di questi topi, ripristinando una condizione del tutto comparabile agli animali di controllo. Sulla base di questi risultati, che forniscono una prima importante dimostrazione degli effetti benefici del CNF1, ci siamo posti l’obiettivo di approfondirne il potenziale valore terapeutico, fornendo ulteriori elementi che siano in grado di suffragarne l’efficacia e cercando di chiarire meglio il meccanismo d’azione del CNF1 sul sistema nervoso.
A questo scopo, verrà condotta un’analisi comportamentale dettagliata in due modelli di topo, che differiscono per la gravità dei sintomi, focalizzata ad identificare gli aspetti maggiormente sensibili al trattamento con CNF1, e caratterizzandone anche la progressione temporale. Abbiamo già descritto il ruolo degli astrociti, un’ampia popolazione di cellule non neuronali del cervello, che contribuisce in modo rilevante alle disfunzioni alla base della sindrome e che sembra rappresentare un bersaglio importante dell’azione del CNF1 nel cervello. Nell’ambito del progetto in corso si cercherà quindi di chiarire ulteriormente il contributo della disfunzionalità astrocitaria nella patogenesi della Rett e la sua modificazione ad opera del CNF1.
Per incrementare il valore traslazionale dell’analisi dei sintomi e degli effetti del trattamento proposto, verranno esaminati soggetti di entrambi i sessi. Nel progetto è prevista la valutazione di vie di somministrazione periferiche del CNF1, alternative all’inoculo diretto a livello cerebrale, attualmente inevitabile considerate le dimensioni della proteina CNF1. Data l’estrema complessità del quadro clinico e l’assenza di terapie mirate, anche effetti solamente parziali del CNF1 sulla sintomatologia Rett sarebbero altamente rilevanti.
Inoltre, poiché il CNF1 esercita la sua azione tramite la modulazione, a livello cellulare, della famiglia delle RhoGTPasi, ampiamente coinvolte nei fenomeni di plasticità, l’evidenza di possibili effetti terapeutici del CNF1 potrebbe essere estesa anche ad altre sindromi di disordini del neurosviluppo.
Obiettivi del progetto
Questo progetto si è incentrato sulla valutazione di un approccio terapeutico innovativo per la sindrome di Rett (RTT) basato sulla somministrazione diretta intracerebrale di una tossina prodotta dal batterio Escherichia coli, il CNF1. In precedenza avevamo dimostrato, in topi modello per RTT (topi maschi MeCP2-308), che una inoculazione singola di CNF1 contrastava in modo significativo una serie di alterazioni comportamentali e induceva un miglioramento drammatico dei segni di atrofia delle cellule astrocitarie (De Filippis et al. 2012).
L’obiettivo principale del progetto attuale era quindi di confermare ed estendere la comprensione dei meccanismi sottostanti agli effetti benefici del CNF1 su topi RTT in uno stadio avanzato della malattia.
Risultati del progetto
Per validare l’efficacia del trattamento con CNF1 nel revertire le anomalie neurocomportamentali tipiche della sindrome di Rett e per estendere i nostri precedenti risultati (topi maschi, modello per RTT, De Filippis et al. 2012), abbiamo quindi focalizzato i nostri studi su femmine di topo eterozigoti MeCP2-308. In particolare, è stato valutato se il trattamento con CNF1 fosse in grado di revertire anche i deficit di memoria spaziale e le anomalie a livello di plasticità sinaptica cerebrale (con la metodica detta long-term potentiation, LTP) (De Filippis et al. 2015a). I risultati hanno evidenziato un completo ripristino ad opera del CNF1, dei deficit cognitivi (misurati come memoria di riferimento spaziale nel Labirinto di Barnes) e della plasticità sinaptica (LTP) valutata su fettine di tessuto cerebrale di ippocampo prelevato da topi femmina MeCP2-308, modello RTT.
Un aspetto ulteriore degli studi,condotti nel quadro del sostegnofinanziario da parte di AIRETT, hainoltre valutato se il trattamentocon CNF1 fosse anche in gradodi ripristinare le alterazioni a livellodei mitocondri presenti nel cervel-lo di topi RTT (femmine MeCP2-308 eterozigoti) (De Filippis et al.2015a). Precedentemente infatti,un nostro studio, condotto mediante la metodica della Spettrometria a Risonanza Magnetica (MRS) nel cervello di topi RTT (MeCP2-308 maschi), aveva dimostrato che il CNF1 era in grado di stimolare in vivo la produzione di indici molecolari bioenergetici (De Filippis et al. 2012), e dei livelli di ATP (Loizzo et al. 2013). Altri studi della letteratura dimostrano inoltre la capacità del CNF1 di modulare in vitro la struttura e la funzionalità dei mitocondri (Travaglione et al. 2014). Gli studi da noi condotti hanno dimostrato in modo inequivocabile che il CNF1, modulando specificamente le Rho GTPasi, vie molecolari di plasticità, a livello della cellula, si è dimostrato efficace nel ripristinare il deficit di produzione di ATP e a contrastare la ridotta attività dei complessi della catena respiratoria mitocondriale (CRM). Quest’ultima è la macchina molecolare responsabile della produzione della maggior parte dell’energia nella cellula. Degno di nota è inoltre il fatto che al ripristino della funzionalità mitocondriale nel cervello di topi RTT trattati con CNF1, si accompagna un completo recupero nei livelli delle proteine strutturali dei complessi della catena respiratoria mitocondriale, che sono risultati deficitari nel cervello dei topi RTT.
In un ulteriore studio abbiamo successivamente verificato se lo squilibrio della capacità antiossidante, evidenziato nel cervello dei topi RTT, potesse essere conseguente alle alterazioni della funzione dei mitocondri da noi identificate, e se tale squilibrio potesse essere trattato con il CNF1 (De Filippis et al. 2015b). Un numero crescente di evidenze suggerisce infatti che lo stress ossidativo possa contribuire alla patogenesi della sindrome di Rett (Valenti et al. 2014). Attualmente tuttavia, il meccanismo molecolare e l’origine dello stress ossidativo nella sindrome di Rett, non sono ancora stati chiariti. I risultati dei nostri studi hanno evidenziato un forte incremento nella produzione da parte dei mitocondri di specie reattive dell’ossigeno nel cervello di topi RTT rispetto agli esemplari di controllo. Questi dati avvalorano l’ipotesi secondo la quale gli alterati livelli di stress ossidativo cerebrale riscontrati nella sindrome di Rett, avrebbero un’origine mitocondriale. Inoltre, i risultati dimostrano che la riattivazione dei complessi della catena respiratoria nel cervello di topi RTT, ottenuta mediante il trattamento con CNF1, si è rivelato in grado di contrastare efficacemente la sovrapproduzione di specie reattive dell’ossigeno. Quindi anche questo aspetto della funzionalità mitocondriale nel cervello di femmine di topo RTT, ha beneficiato del trattamento da noi effettuato.
Questi risultati confermano le potenzialità terapeutiche del trattamento con CNF1, almeno in un modello preclinico per la sindrome di Rett. Le evidenze ottenute suggeriscono inoltre che il contrasto delle anomalie a livello dei mitocondri (gli organelli presenti in tutte le cellule dell’organismo e responsabili della produzione di energia) e la sovrapproduzione di radicali liberi, responsabili dello stress ossidativo, possano
rappresentare un bersaglio terapeutico molto promettente per la sindrome di Rett.
I risultati da noi ottenuti dimostrano inoltre l’efficacia terapeutica del trattamento con CNF1 in topi femmina, portatrici di una mutazione in eterozigosi del gene MeCP2, il genere più rilevante dal punto di vista traslazionale. In conclusione, gli studi condotti e i dati qui riportati approfondiscono la nostra comprensione dei meccanismi neurobiologici coinvolti nella patologia, identificando i mitocondri come una componente molto rilevante.
È importante infine ricordare che la strategia di trattamento mediante CNF1, implica l’inoculo diretto intracerebrale, in quanto la proteina della tossina batterica CNF1
ha una notevole massa molecolare che ne impedisce il passaggio tramite la cosiddetta barriera sangue-cervello (barriera ematoencefalica). Come conseguenza, il CNF1 non può essere somministrato per via periferica, con una comune iniezione. Ai fini di incrementare le possibilità traslazionali di un approccio terapeutico, il nostro gruppo presso l’Istituto Superiore di Sanità di Roma è quindi attualmente impegnato nel perseguire vie alternative di modulazione dei bersagli molecolari che vengono stimolati dal CNF1 (le cosiddette RhoGTPasi) a livello delle cellule (De Filippis et al., 2014), mediante lo studio di altri trattamenti (De Filippis et al., 2015) ritenuti agire nello stesso quadro.