La Comunicazione Aumentativa-Alternativa, una metodologia riabilitativa sperimentata con ottimi risultati nei casi di disabilità verbali e cognitive, viene applicata con successo con le nostre bambine da un gruppo di lavoro dell’Università Cattolica di Milano.
Dott.ssa Rosa Angela Fabio, Dott. ssa Samantha Giannatiempo
La Comunicazione Aumentativa Alternativa è ogni tipo di comunicazione che aumenta e che sostiene la comunicazione verbale, può dunque essere utilizzata con bambini che non riescono a parlare o che hanno un linguaggio molto limitato. La C.A.A. è dunque un settore della pratica clinica che si pone come obiettivo la compensazione di una disabilità (temporanea o permanente) del linguaggio espressivo; si creano pertanto le condizioni affinchè il disabile abbia l’opportunità di comunicare in modo efficace, ovvero di tradurre il proprio pensiero in una serie di segni intellegibili per l’interlocutore. Gli strumenti di cui si avvale sono solitamente i sistemi simbolici ovvero un gruppo di simboli che vengono usati insieme e il cui uso è regolato da norme ben precise. I sistemi simbolici possono essere dinamici ovvero implicare il movimento di parti del corpo (mani, testa), come ad esempio il linguaggio gestuale, o statici e quindi avere bisogno di un supporto per essere trasmessi. L’accesso ai sistemi di Comunicazione Aumentativa Alternativa è inoltre un mezzo per acquisire molte delle abilità prelinguistiche e cognitive necessarie allo sviluppo del linguaggio (Brady, 2000; Light, Collier & Parnes, !985; Romsky & Sevcik, 1996).
Per queste ragioni da anni si stanno sperimentando interventi di C.A.A. anche nelle bambine con Sindrome di Rett superando molte errate considerazioni che possono portare a giudicare le bambine affette da questa sindrome non ancora pronte per l’uso della C.A.A. ed in particolar modo per l’utilizzo dei suoi strumenti di tipo simbolico.
Dal 1990 il gruppo di lavoro dell’Università Cattolica, con la supervisione scientifica di Rosa Angela Fabio e la coordinazione scientifica e applicativa di Samantha Giannatiempo, ha condotto percorsi mirati di potenziamento cognitivo nella Sindrome di Rett in tutta l’Italia. I risultati di tali interventi sono documentati su riviste nazionali e internazionali (1) . In questi anni di ricerca-azione, le bambine Rett hanno dimostrato attraverso attività specifiche di empowerment cognitivo di migliorare le loro capacità attentive, di finalizzare l’uso dello sguardo ed aumentarne l’intenzionalità, di apprendere determinati concetti e contenuti e di mantenerli nel tempo, di essere in grado di avvalersi di immagini per comunicare i loro bisogni e di andare ben oltre il livello simbolico, arrivando a comunicare con il codice alfabetico.
Si ritiene quindi fondamentale che l’intervento di Potenziamento cognitivo e quello di C.A.A. vengano avviati parallelamente e precocemente in quanto la comunicazione con queste bambine inizia con i primi contatti oculari e non ci sono prerequisiti richiesti per avviare un percorso di questo tipo. L’utilizzo inoltre di tale modalità non interferisce con un eventuale sviluppo verbale delle bambine né tantomeno vuole sostituirsi a gesti o fonemi a cui è stato attribuito un significato, in quanto le bambine utilizzeranno comunque per comunicare la modalità più veloce, più efficace e più accessibile che sia ad es. un “aaaaam”, quindi un vocalizzo o la foto del suo piatto o la parola FAME per indicare un suo bisogno.
Ricerche recenti sulla neuropsicologia inoltre, forniscono ulteriori rafforzamenti del punto di vista che la modificabilità degli esseri umani sia sempre possibile, anche quando il punto di partenza è molto compromesso. Per decenni si è ritenuto che il cervello avesse una struttura fissa, determinata fin dalla nascita, destinata a deteriorarsi col tempo, oggi si sa che la neuroplasticità è permanente: il cervello ha la capacità di creare nuovi neuroni anche in età avanzata, di riprogrammare le proprie reti neurali, di superare danni provocati da traumi o malattie. La rivoluzione copernicana: la scoperta della plasticità del cervello, soggetto a continui cambiamenti indotti dalle esperienze, dalle sostanze, dai rapporti con l’ambiente. La specializzazione del cervello non è fissata una volta per tutte dai geni, ma è anche il risultato di ciò che ci accade, cioè il cervello si può “ammalare” in forza dell’interazione con l’ambiente, ma può avvenire anche il contrario: il pensiero e l’attività mentale possono modificare positivamente il pensiero. Come evidenziato da Pascual-Leone (2005), Jeffrey Schwartz (2005) e Richard Davidson (2007) la terapia cognitivo-comportamentale può modificare la struttura stessa del cervello.
Fondamentale è quindi attraverso una valutazione di tipo funzionale impostare un programma specifico che stabilisca per ogni bambina le diverse potenzialità e gli obiettivi su cui lavorare partendo dai prerequisiti dell’apprendimento (il lavoro su oggetti, foto di persone, foto di oggetti, colori, forme dimensioni), per arrivare alla lettura attraverso il codice alfabetico. Il percorso impostato, per quanto riguarda i contenuti proposti deve necessariamente essere legato al contesto di vita di ogni bambina e i concetti, le immagini e le parole apprese devono sempre essere utilizzate a scopo comunicativo e generalizzate in ogni contesto.
I risultati raggiunti con le bambine che portano avanti con costanza e sistematicità il lavoro di potenziamento cognitivo e l’incremento delle loro capacità comunicative attraverso i cosiddetti sistemi low-tech basati sull’uso di immagini o di parole funzionali alla comunicazione, ci hanno portato a sperimentare con successo l’uso di ausili per velocizzare la comunicazione e rendere più immediata l’interazione come ad esempio l’etran il cui nome nasce dalla contrazione della frase eye transfer che in inglese significa “scambio con lo sguardo” e che si è rivelato efficace per amplificare le possibilità espressive utilizzando proprio l’indicazione di sguardo. Tale ausilio facilmente adattabile alle esigenze e necessità di ogni bambina, consente inoltre di allenarle ad un eventuale uso di strumenti high-tech quale ad esempio l’eye-tracker, sistema informatico a controllo oculare di cui si sta attualmente valutando l’utilizzo nell’ambito della Sindrome di Rett.
Le bambine che hanno inoltre una discreta coordinazione oculo-manuale hanno dimostrato di essere in grado di avvalersi, per comunicare i loro bisogni o le loro preferenze, di vari tipi di comunicatori con uscita in voce a 2-4-8 caselle a secondo del livello da loro raggiunto e proprio di recente, secondo quanto presentato dalla Dott.ssa Caroline Musselwhite nell’ultimo convegno ISAAC, tenutosi a Roma nel maggio 2007, si sta inoltre sperimentando l’uso del comunicatore Step by step per avviare delle interazioni sociali che consentano, attraverso la preparazione di messaggi a scansione costruiti con le bambine, di poter far sperimentare loro il piacere del raccontare esperienze vissute e del comunicare potendolo fare in maniera immediata e con diversi comunicatori.
(1) Documentazione bibliografica
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