Sono due anni che vivo l’esperienza acquatica con Sara.
Silvia Bartolini, Fisioterapista
Quando fui contattata la prima volta da sua mamma ero incerta di riuscire, per come mi veniva presentata, a creare un rapporto con la bambina.
Nonostante la mia esperienza di insegnante di nuoto da dieci anni, anche con bambini disabili (in particolare con problemi di autismo o sindrome di Down), e quella di fisioterapista in palestra e in piscina, non conoscevo la Sindrome di Rett, quindi mi documentai subito tramite internet e parlando molto con la famiglia di Sara.
I primi due incontri con Sara non furono facili: la bambina era molto sfuggente, agitata, non trovavo l’aggancio visivo né attentivo, piangeva presentando stereotipie tipo “lavaggio delle mani”.
Dal terzo ingresso in piscina ho notato un progressivo e veloce miglioramento del nostro interagire e del rapporto di Sara con l’acqua.
Oggi è bellissimo vedere Sara in acqua galleggiare con minimo sostegno, mio o di un ausilio (cintura sottoascellare o tubo galleggiante). Riesce ad inserire tranquillamente tutto il viso sotto l’acqua, a fare le bollicine, i tuffi e a reggersi autonomamente con le mani al bordo, dal quale si spinge con i piedi verso di me, libera, da sola.
In acqua bassa, dove tocca con i piedi, oltre al cammino manifesta l’istinto di saltare, cosa che non riesce a fare fuori ma molto importante per stimolare l’equilibrio.
Per quanto riguarda gli aspetti ortopedici ritengo utilissima la terapia in acqua: ho visto in Sara migliorare le capacità motorie e gli atteggiamenti posturali, con maggior libertà di movimento. Sara tende ad avere scoliosi, cifosi dorsale e rigidità degli arti inferiori, in particolare il destro: ho lavorato molto sulla ricerca dell’aumento dell’elasticità di tutti i tessuti, sfruttando il diverso equilibrio della muscolatura tonico-posturale che si ottiene in immersione. Oggi la sua colonna vertebrale e i suoi arti hanno raggiunto un maggior grado di mobilità e la sua crescita è armoniosa. É migliorato visibilmente l’appoggio dei piedi a terra durante il cammino, nonostante permangano i suoi vizi posturali.
Credo che l’idrochinesiterapia sia molto importante per tutte la bambine con Sindrome di Rett, poiché dà loro l’opportunità di esprimere capacità motorie altrimenti impossibili e di ricevere molti stimoli sia cinetici sia neuropsichici, nonché di beneficiare degli effetti positivi dell’immersione sull’attività cardio-vascolare e respiratoria.
Sara e la sua famiglia sono per me un esempio di vita. Parlando e scambiando opinioni abbiamo condiviso molto: da loro ho imparato tante cose e sento la forza con cui riescono, tutti insieme, ad affrontare ogni difficoltà. Sara non è in grado di parlare ma comunica altrettanto efficacemente con l’espressività dei suoi occhi e dei suoi sorrisi esprimendo senso di ottimismo, gioia e voglia di vivere con serenità. Spesso la vita appare difficile e faticosa ma il mio consiglio per tutti coloro che stanno vicini a bambine con la sindrome di Rett è di essere disposti a ricevere da loro, fermandosi ad osservare, quanto possono trasmetterci con linguaggio non verbale.