Michela Fagiolini, Boston Children’s Hospital
I recenti progressi nello sviluppo di terapie specifiche per la Sindrome di Rett e i relativi trial clinici in programmazione hanno evidenziato l’urgenza di biomarkers quantitativi, non invasivi e sensibili a determinare l’efficacia di tali interventi terapeutici. Il nostro laboratorio al Boston Children’s Hospital (USA) conduce sia ricerca di base in modelli animali che ricerca clinica in individui affetti dalla Sindrome di Rett. Grazie allo studio del sistema visivo siamo stati in grado di dimostrare che sia i modelli animali che i soggetti affetti dalla Sindrome di Rett esibiscono una diminuzione delle capacità visive (in particolare per immagini piccole) durante la progressione della malattia. Queste valutazioni sono state effettuate utilizzando la registrazione dei potenziali evocati visivi in risposta a semplici scacchiere bianche e nere nei soggetti svegli posti di fronte ad uno schermo. Recentemente risultati simili sono stati ottenuti in uno studio condotto in vari centri di ricerca negli Stati Uniti. Questo rappresenta un importante passo avanti per validare i potenziali evocati sensoriali (uditivi e visivi) come biomarker funzionali per la Sindrome di Rett. Inoltre, questi risultati suggeriscono che l’utilizzo di oggetti, libri e immagini con caratteri grandi e colorati possa facilitare la percezione nei soggetti con la Sindrome di Rett.
Un altro aspetto della Sindrome di Rett è costituito da alterazioni degli stati di eccitazione risultanti dall’attività integrata dei sistemi autonomici (parasimpatici e simpatici). Il livello di eccitazione autonomica cambia costantemente e ha una forte influenza sulle attività quotidiane. L’eccitazione autonomica può essere valutata e quantificata dalle fluttuazioni del diametro pupillare, del battito cardiaco e della risposta galvanica della pelle. Si tratta di validi metodi a basso costo e non invasivi per la valutazione dell’attività del sistema nervoso autonomo che possono essere misurati in modo affidabile in individui e animali senza il coinvolgimento attivo del soggetto.
Grazie al supporto dell’Associazione Italiana Rett (AIRETT), abbiamo recentemente scoperto che i modelli murini genetici della Sindrome di Rett mostrano una distribuzione di fluttuazioni spontanee della pupilla spostate verso il diametro massimo della pupilla, indicando stati di eccitazione più elevati. La ricerca è in corso per capire quando tali stati di eccitazione alterati sorgono per la prima volta. Nei topolini carenti di MeCP2, le anomalie dell’eccitazione sono già presenti ben prima dell’insorgenza dei sintomi classici della Sindrome di Rett, costituendo quindi un indicatore precoce e sensibile della malattia. Sebbene sia il sistema colinergico che quello noradrenergico contribuiscano a queste fluttuazioni spontanee della pupilla, il nostro laboratorio ha scoperto che le anomalie sono eliminate solo dall’espressione selettiva di MeCP2 nelle cellule colinergiche ma non nei circuiti noradrenergici. I dati collezionati nei modelli animali sono poi stati utilizzati per addestrare una rete neurale, chiamata CovnNetACh, per riconoscere, con un’accuratezza del 97%, gli animali malati rispetto ai controlli o quelli curati. Utilizzando i dati di variazione della frequenza cardiaca (un proxy simile di eccitazione) collezionati dai pazienti con Sindrome di Rett, abbiamo poi trasformato ConvNetACh in ConvNetPatients, una nuova rete neurale in grado di distinguere i soggetti con Sindrome di Rett dagli individui di controllo.
Nei prossimi mesi inizieremo a verificare se la pupillometria è una misura sensibile all’intervento in topi mutanti Mecp2. In particolare, analizzeremo l’effetto dell’arricchimento ambientale noto per avere un riscontro benefico sulla Sindrome di Rett da solo o in combinazione con l’intervento genetico. Verificheremo se la pupillometria migliora, in che misura e quanto rapidamente. Insieme, questi esperimenti stabiliranno se le fluttuazioni spontanee dell’eccitazione misurate con la pupillometria e combinate con l’utilizzo dei sistemi computazionali rappresentano un robusto biomarcatore traslazionale non invasivo, quantitativo e sensibile per la diagnosi rapida e precoce dei disturbi dello sviluppo neurologico prima dell’insorgenza dei sintomi più severi. Inoltre, questi risultati potranno essere utilizzati per interventi farmacologici mirati verso il sistema colinergico.