Edvige Veneselli, Maria Pintaudi
UO e Cattedra di Neuropsichiatria infantile Istituto G. Gaslini, Università di Genova
Ad un anno dalla pubblicazione del libretto “Sindrome di Rett: dalla diagnosi alla terapia”, in cui il Comitato Scientifico dell’Associazione Italiana Sindrome di Rett (AIRETT), unitamente ad altri esperti ha delineato i principi della presa in carico delle pazienti, a sostegno dei genitori e dei medici curanti, abbiamo desiderato configurare il Percorso diagnostico-terapeutico (PDT) per questa patologia, a prosecuzione del lavoro avviato.
Esso è dedicato a loro ed anche ai Centri medici che seguono le bambine: il PDT suggerisce le possibilità da perseguire per una presa in carico razionale e strutturata. Operare con una metodologia definita permette così di assicurare un’uniformità di approccio nelle varie zone di Italia. Come ogni percorso, esso deve essere realizzato con una modulazione individuale, a seconda delle specifiche condizioni.
Si è pervenuti alla sua formulazione, peraltro aperta a proposte e suggerimenti, attraverso un processo che ha avuto la sua base nel contributo degli esperti al libretto sopracitato, per aggiornarsi con la revisione della letteratura sul tema, integrata dalla disamina dei siti delle Associazioni di altri paesi, facendo poi particolare riferimento alla International Rett Syndrome Federation statunitense, per confrontarsi infine con l’esperienza in atto nel nostro Istituto, che da tempo opera sul settore con un gruppo di specialisti a ciò dedicati. I risultati sono stati presentati al Convegno Nazionale dell’Associazione, 18-19 maggio 2012, Napoli, con la relazione “La rilevanza della metodologia nella presa in carico”, al fine di promuovere nel nostro paese un’assistenza mirata e razionale nelle varie età e secondo la differente gravità clinica. In tale ambito, è stato elaborato e presentato il Percorso diagnostico-assistenziale alle pazienti con Sindrome di Rett e sono state presentate le Scale specifiche per la valutazione ed il monitoraggio dell’evoluzione e/o dell’efficacia delle terapie, da noi scelte tra le esistenti, verificate e discusse nell’incontro di un Advisory Board internazionale da noi organizzato nel 2011.
La Sindrome di Rett (RTT) è un’affezione che comporta una compromissione multisistemica e che richiede di conseguenza una presa in carico multidisciplinare.
Essa si modifica sostanzialmente a seconda dell’età e della gravità delle manifestazioni cliniche, aspetto che costituisce la base delle differenti articolazioni del management sanitario.
Prima esigenza è la diagnosi precoce. Essa si basa sulla conoscenza degli attuali criteri diagnostici clinici (Rett Syndrome: revised diagnostic criteria and nomenclature, Neul J.L. et al., 2010). Se per la forma classica essa è ad oggi assai attuata, occorre effettuare maggiore attenzione a ciò per le varianti: si deve tener presente la forma con crisi precoci o Hanefeld dinanzi ad ogni encefalopatia epilettica ad esordio nel primo anno di vita, la forma congenita o di Rolando dinanzi a tutte le gravi encefalopatie precoci, la variante a linguaggio preservato o Zappella dinanzi allo specifico quadro clinico.
Secondo punto rilevante è la conferma dell’inquadramento clinico con la diagnosi genetica in Centro avanzato. L’esigenza di un laboratorio dedicato alla RTT è sottesa dalla complessità della connotazione genetica. Sappiamo infatti che definire ottimamente ciò richiede lo studio approfondito dei geni MeCP2, CDKL5 e FOXG1 e, nei casi negativi, disporre di una banca dati per poter conservare il materiale ed i dati clinici al fine di poter garantire ulteriori ricerche e, qualora vengano identificati nuovi geni, la possibilità di eseguire prontamente le analisi opportune e garantire così la definizione genetica alle famiglie.
Dal punto di vista clinico, gli accertamenti a cui possono essere sottoposte le bambine Rett hanno differenti prospettive: 1) per prevenzione di disturbi che, conoscendo bene l’affezione e la sua storia naturale, sappiamo possono insorgere; 2) su indicazioni cliniche, per la presenza di problemi specifici; 3) in ottica di riabilitazione, in quanto utili a delineare il programma abilitativo; 4) per ricerca in corso nel Centro valutatore (in questo caso occorre che ciò sia chiarito esplicitamente e sia ottenuto dai genitori un consenso informato specifico).
L’approccio clinico è strettamente condizionato dalla fase evolutiva della sindrome nella singola situazione. Per la forma classica è stato ben precisato il percorso evolutivo (Chahrour M. and Zoghbi H.Y., Neuron 2007), come riportato nel libretto sopra citato. Anche per le varianti sono note le differenti modalità evolutive, che ne costituiscono sostanzialmente variazioni per gravità nell’ambito della costanza del “nucleo Rett”.
Le cure preventive includono: a) attitudini generiche, che vengono effettuate in ogni bambino e che devono essere tenute presenti nelle bambine RTT; esse consistono nella valutazione odontoiatrica periodica, nella valutazione di vista e di udito e nell’esecuzione delle vaccinazioni; b) attitudini specifiche, in ragione della loro incidenza e peculiarità, quali le valutazioni neuropsichiatrica, fisiatrica, nutrizionale, gastroenterologia ed ortopedica; esse sono analoghe a quelle richieste dalle necessità cliniche, ma sono svolte nella prospettiva di prevenire e/o di “contenere” le possibili complicanze.
Il Neuropsichiatra infantile in prima istanza è chiamato per la sintomatologia epilettica. è consigliabile perciò che la bimba con crisi si riferisca ad un Centro per le Epilessie infantili, ove potrà eseguire EEG, video-EEG, video-poligrafie, utili per il bilancio neurofisiologico e la conseguente terapia antiepilettica individualizzata, oltre che per evidenziare eventuali pseudocrisi. Queste ultime, assai frequenti nelle pazienti Rett, sono rappresentate prevalentemente da: apnee/iperventilazione, pseudoassenze, episodi di blocco psicomotorio, sudorazione, tosse, irrigidimenti/ipertonie, tremori, cadute, dilatazione pupille. Esse sono dovute generalmente a coesistenti disturbi motori, ad un reflusso gastroesofageo (RGE, assai frequente nelle bambine che non deambulano), a “comportamenti Rett” o a disfunzioni autonomiche (presenti nelle bambine con maggiore livello di compromissione clinica). Solo la precisa identificazione della natura del disturbo e della sua causa permette la risoluzione dei disturbi, di solito pesantemente interferenti nella qualità di vita delle pazienti e dei loro familiari.
Sovente il motivo della consultazione è rappresentato dai disturbi del sonno: sono assai comuni e presenti a fasi, le difficoltà di addormentamento e di risveglio, l’addormentamento tardivo ed il risveglio precoce, specie nelle bambine non deambulanti, poco attive durante il giorno; i frequenti risvegli notturni, anch’essi in possibile relazione con un RGE; il bruxismo; le apnee ed i disturbi respiratori in sonno, ostruttivi o centrali, o secondari ancora al RGE. L’iter diagnostico inizia con un’anamnesi attenta e mirata in via preliminare all’eliminazione dei concomitanti problemi medici. La loro presa in carico si basa sui principi fondamentali dell’educazione e dell’igiene del sonno nei bambini; se persistono, si avvalgono dell’approccio comportamentale al sonno e, successivamente, della terapia farmacologica specifica. Salvo poche eccezioni, in cui il quesito è immediatamente palese, sarà necessario compilare il questionario del sonno in età evolutiva ed effettuare lo studio polisonnografico.
L’assessment neuropsichico e globale si avvale delle scale di valutazione per la Sindrome di Rett. Dalla disamina comparativa della letteratura sul tema, appaiono consigliabili: la Scala di Kerr per la definizione dei livelli di gravità, che ben ne delimita la graduazione con vari item, ciascuno con punteggio 1-2-3; il Rett Syndrome Motor Behavioral Assessment, articolato in 3 sessioni, comportamento sociale, valutazione respiratoria ed orofacciale, motoria/segni fisici, a punteggio 1-5, con una ricca connotazione focalizzata sulle caratteristiche semeiologiche RTT; l’Hand Apraxia Scale per la funzione della mano, rispetto al disturbo funzionale ed alle stereo-
tipie. Esse permettono di configurare un profilo dettagliato individuale.
Talvolta le bambine Rett possono manifestare periodi con disturbi comportamentali anche di un certo rilievo ed insoliti per loro. Essi possono rivestire un grado minore ed esprimersi con disturbi del sonno e/o dell’appetito, pianto, debolezza, irritabilità, disattenzione o iperattività. Talvolta invece rivestono un’intensità maggiore e comportano autolesionismo, aggressività, ossessioni e compulsioni, ansia, depressione, tratti autistici. In tal caso dobbiamo sempre dapprima escludere la presenza di disturbi medici, specie se il loro esordio è stato improvviso, e ricercare RGE, allergie, sinusiti, otiti, fratture o quanto altro il contesto suggerisce. è infatti basilare identificare ciò che le disturba, anche se sovente è veramente difficoltoso raggiungere lo scopo desiderato. Rispetto alle possibili azioni di contenimento di tali disturbi, possiamo ricorrere a strumenti comportamentali, incrementare la comunicazione, la musicoterapia e la visione di videotape, valutare l’indicazione ad ausili quali guanti o bracciali in caso di autoaggressività, come pure ad una farmacoterapia per un tempo limitato.
Un gruppo di mamme, volontarie e bambine presenti al convegno
La valutazione auxologica include la misurazione del peso corporeo, dell’altezza, del Body Mass Index (BMI), della circonferenza cranica e la loro rappresentazione grafica nelle apposite curve di crescita, che permettono di seguirne le modifiche nel tempo. Questi parametri ed in particolare il BMI, utilizzato in modo non rigido ma pesato nel contesto clinico, ci inducono a intervenire con variazioni della dieta alimentare ed a valutare l’indicazione al supporto di integratori, sino a proporre la nutrizione parenterale o ad ipotizzare l’indicazione alla PEG. Parallelamente possiamo monitorare lo stato della mineralizzazione ossea per la possibilità di presenza di osteopenia, disturbo che tende a comparire con l’avanzare dell’età. Ci sono di aiuto lo studio del metabolismo del calcio, la radiografia delle ossa, la DEXA, gli ultrasuoni alle ossa. L’immobilità delle pazienti e talora l’uso cronico di antiepilettici possono facilitarla e condurre a fratture. Si può quindi intervenire con supporto di calcio, promuovere l’attività fisica ricorrere a integrazione con vitamina D e, qualora necessario, con bifosfonati.
Alla diagnosi e perlomeno dopo i 5 anni, è consigliabile effettuare l’ECG e ripeterlo ogni anno/due anni, soprattutto per valutare la possibilità di sindrome del QT lungo. Alla luce di tale rischio, il cardiologo raccomanda di fare attenzione ad evitare i farmaci che possono indurre la pericolosa torsione di punta (per l’elenco si rimanda al libretto già citato).
Per promuovere un buono stato di salute, è importante fare attenzione ai possibili disturbi gastroenterologici, così frequenti nelle pazienti Rett, specie se non deambulanti. La stipsi è molto frequente, come pure il meteorismo intestinale, che comporta distensione e crampi addominali, eruttazioni, flatulenze, riduzione dell’appetito. Sovente occorre valutare la presenza di RGE, ponendo particolare attenzione all’irritabilità, ai risvegli notturni, ai vomiti, al rifiuto del cibo. Nelle più piccole possiamo riscontrare incoordinazione orofaringea, con difficoltà durante i pasti, a tutte le età dismotilità gastrointestinale e rallentato riempimento gastrico, nelle più grandi disfunzione tratti biliari. Anche se per lo più non si tratta di disturbi rilevanti, la loro presa in carico migliora sensibilmente la qualità della vita ed il benessere generale delle bambine, evitando loro disagi, sofferenze, dolori.
La conoscenza della comparsa di scoliosi nei 3/4 delle pazienti dopo i 13 anni, induce a valutare lo stato della colonna vertebrale al momento della diagnosi e a monitorarlo periodicamente in seguito. Si devono anche attuare attitudini di prevenzione e di contenimento della scoliosi stessa, incentivando il più possibile mantenimento della deambulazione, ponendo attenzione al corretto posizionamento posturale, stimolando la flessibilità della colonna ed operando con esercizi per la muscolatura dorsale. A scoliosi presente, l’ortopedico predispone gli strumenti della terapia conservativa, quali i corsetti, e, nelle non responsive, valuta le indicazioni alla correzione chirurgica. Si ricorda che Leonard ha elaborato precise Linee Guida per il management clinico della scoliosi nella RTT, particolarmente dettagliate, inclusive dei trattamenti pre- e post-chirurgici.
Per gli interventi in ottica riabilitativa, si rimanda agli apporti specifici, ricordando unicamente la rilevanza della stesura di un progetto riabilitativo basato su di una valutazione clinica molto attenta e competente, su di un bilancio funzionale dettagliato ed esaustivo rispetto alle aree motoria, sensitivo-sensoriale, cognitiva, comunicativo-linguistica, neuro cognitiva, affettivo-relazionale, delle autonomie. Tale progetto si avvarrà dei rilievi derivati anche dalle scale sopra riportate e dalla scala di Vineland, dalla valutazione delle competenze acquisite e dell’efficacia del trattamento abilitativo in atto. è inoltre fondamentale che il progetto sia poi effettuato con il coinvolgimento della famiglia, degli insegnanti scolastici, degli operatori territoriali, in un lavoro in rete di servizi.
è altresì rilevante impostare un’azione di empowerment delle famiglie, incentrato sull’informazione sulla sindrome, sulla conoscenza dei diritti delle bambine e delle famiglie, aperto ad attività di counselling e di supporto alle famiglie, inclusivo di attenzione ai fratelli ed alle loro necessità psicologiche ed affettive, per concludersi con l’avvio precoce all’Associazione di categoria.