L’osso e la sua composizione
L’osso, contrariamente a quanto si possa pensare, è un tessuto metabolicamente attivo che si rigenera periodicamente, anche nell’adulto, come la maggior parte delle cellule del nostro corpo. Lo scheletro ha diverse importantissime funzioni: dà supporto struttu- rale al corpo; fornisce al sistema muscolare diversi tipi di leva per facilitare il movimento; protegge le strut- ture vitali; è una riserva di minerali e fattori di crescita; permette la regolazione dell’omeostasi (equilibrio del nostro organismo); è luogo di ematopoiesi (creazione di nuove cellule del sangue).
Le ossa sono classificate in base alla forma in diversi gruppi, ne riportiamo qui i principali:
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Ossa piatte: ad esempio quelle del cranio;
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Ossa lunghe: formate da una parte tubolare centra- le, detta diafisi, e da due estremità, o teste dette epi- fisi. Tra queste due parti, nei bambini e negli adole- scenti, è presente la metafisi che, come vedremo, è la parte che permette la crescita in lunghezza dell’osso, sede della cartilagine di coniugazione o accrescimento;
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Ossa corte: ad esempio quelle che si trovano nella mano o nel piede.
La crescita ossea
La crescita ossea avviene secondo molti fattori. I due più noti sono: lo stimolo ormonale e lo stimolo mec- canico. Gli ormoni della crescita come il GH, l’IGF1 e IGF2 e gli estrogeni agiscono a livello della cartilagi-
Veronica e il papà
ne di accrescimento che abbiamo nominato prima, contribuendo all’allungamento dell’osso. Lo stimolo meccanico è estremamente importante per la cresci- ta ossea e provoca una cascata di segnali ormonali che agiscono sempre a livello metafisario (Buck, Du- manian, 2012).
Le patologie ossee nella sindrome di Rett
Secondo uno studio recente sulle problematiche os- see nella RTT, vi è fin dall’infanzia una riduzione della massa ossea, della sua densità e della massa mu- scolare. Diversi studi hanno osservato che il contenu
to minerale osseo (BMC) e la densità minerale ossea (aBMD) tendono a diminuire con l’avanzare dell’età. Gli estrogeni giocano un ruolo importante, come abbia- mo visto, nella crescita ossea, e i ritardi nella pubertà possono influire negativamente sullo sviluppo. Questi elementi possono portare a dimensioni minori delle ossa, composti da una parte esterna corticale molto sottile e una parte interna trabecolare più leggera.
Le fratture sono un problema sostanziale per le fami- glie delle ragazze con RTT, e possono avvenire con manifestazioni non sempre evidenti, date le alterazioni della sensibilità al dolore e della comunicazione pre- senti nella Rett. L’incidenza delle fratture nella popola- zione Rett australiana è quattro volte maggiore rispet- to alla popolazione generale. Questa problematica può avvenire spontaneamente, in modo traumatico o per caduta e colpisce principalmente le ossa lunghe degli arti superiori e inferiori. Le fratture vertebrali in- vece hanno un’incidenza ancora sconosciuta, poiché possono presentarsi anche asintomatiche e sfuggire dunque ad un controllo medico, ma sono considerate spesso una manifestazione dell’osteoporosi (Jefferson et al., 2016; Tarquinio et al., 2012).
Interventi possibili per migliorare la com- posizione ossea
Le fratture sono state correlate con bassi livelli di mo- bilità, mentre nelle ragazze che camminano e hanno maggior abilità di gestione del carico le fratture si sono verificate in numeri significativamente minori. In uno studio australiano su 97 ragazze con RTT si è osserva- to che la ridotta massa muscolare riduce il carico sulle ossa e di conseguenza la loro capacità di rispondere alle forze meccaniche, riducendone lo sviluppo e la forza.
Il movimento e il rinforzo muscolare sono degli otti- mi stimoli, raccomandati per il mantenimento di una buona qualità ossea. Come scritto sopra, lo scheletro ha anche la funzione di lavorare insieme alla muscola- tura; infatti, ossa e muscoli sono estremamente legati; il muscolo si congiunge con l’osso attraverso le strut- ture connettive, per questo un buon trofismo musco- lare è essenziale per dare alle ossa una giusta stabilità. Immaginiamo una barca a vela in cui l’osso è l’albero maestro e i tiranti sono l’apparato muscolare ad esso adiacente: con dei buoni tiranti si dà solidità a tutta la struttura. Non sono stati ancora eseguiti studi speri- mentali sull’esercizio fisico nella RTT, ma ci sono otti- mi risultati in altre popolazioni pediatriche, come nelle paralisi cerebrali infantili (PCI). Uno studio randomiz- zato ha dimostrato che i bambini con PCI che hanno aumentato il loro tempo di stazione eretta e cammino del 60% nel corso di un anno, hanno migliorato signifi- cativamente la densità minerale ossea delle vertebre, rispetto al gruppo di controllo.
Uno studio del 2016 ha osservato le conseguenze delle fratture del femore in 14 bambine e ragazze con RTT. Le fratture hanno portato alcune ragazze che camminavano con aiuto a non riuscire più a cammi- nare a distanza di un anno, per motivi legati alla poca riabilitazione, alla paura del movimento e alle difficoltà delle famiglie. Invece tutte le ragazze che cammina- vano indipendentemente prima dell’evento traumati
co hanno recuperato l’abilità nel giro di sei mesi (Hor- ne et al., 2017).
Secondo gli esperti che hanno stilato un consensus sulla gestione clinica della salute ossea, anche l’as- sunzione di integratori di calcio e vitamina D, se non completamente assunti con la dieta, possono miglio- rare la condizione delle ossa. Nella Sindrome di Rett questo è molto importante, dati i problemi oro motori e di disfagia che potrebbero alterare l’apporto nutrizio- nale assunto attraverso la dieta (Jefferson et al., 2016).
Secondo alcuni studi sulla Rett anche l’assunzione di bifosfonati, solitamente usati nelle patologie come l’osteogenesis imperfecta può aiutare nella prevenzio- ne delle fratture ossee, agendo come inibitore del ri- assorbimento osseo e facendo sì che il grado di mine- ralizzazione aumenti (Jefferson et al., 2016).
Altre tecniche, come l’uso di vibrazioni a bassa inten- sità sono state studiate con risultati promettenti, ma occorrono maggiori studi che ne confermino l’efficacia (Afzal et al., 2014).