Ilaria Meloni – Università di Siena
La Sindrome di Rett (RTT; OMIM#312750) è la seconda causa più comune di disabilità intellettiva nelle donne. Circa il 95% dei casi di RTT presenta varianti patogenetiche nel gene MECP2, localizzato sul cromosoma X, che includono 8 mutazioni ricorrenti che rappresentano circa il 70% del totale delle varianti riscontrate. La riattivazione di Mecp2 nei topi KO, in cui il gene è stato “spento” artificialmente, può correggere i sintomi della malattia, suggerendo che la RTT può essere reversibile e che è possibile recuperare la condizione fisiologica. Ad oggi l’editing genetico rappresenta un approccio terapeutico estremamente promettente, poiché consente di correggere la mutazione senza alterare la sequenza del gene o modificarne l’espressione. L’approccio è stato recentemente introdotto nella sperimentazione clinica per l’amaurosi congenita di Leber (NCT03872479), dimostrando il suo potenziale traslazionale. Al fine di validare l’applicabilità dell’editing genetico come approccio terapeutico per la Sindrome di Rett per la correzione di 4 varianti ricorrenti nel gene MECP2 (p.Thr158Met, p.Arg168*, p.Arg255* e p.Arg306Cys), abbiamo istituito un consorzio internazionale che è stato finanziato dall’UE nel 2021 (acronimo progetto MECPer-3D).
La strategia del progetto prevede l’applicazione del gene editing tramite tecnologia CRISPR/Cas9. Per esprimere il nostro sistema di correzione a livello biologico nelle cellule mutate è stato progettato un sistema che prevede l’impiego di due plasmidi. Il sistema è stato validato inizialmente sui fibroblasti e i neuroni di 4 pazienti con la mutazione p.Thr158Met e i risultati hanno dimostrato una buona efficienza di correzione (Croci et al., 2020). Il progetto prevede di incapsidare i plasmidi di correzione in virus adeno-associati (AAV) che dovrebbero consentire di raggiungere il sistema nervoso centrale (SNC). La validazione dell’efficacia e della sicurezza del sistema verranno testate in 3 modelli diversi: colture monodimensionali di neuroni; organoidi cerebrali, ovvero strutture 3D che imitano da vicino lo sviluppo del cervello umano; e topi (knock in) KI, cioè topi che presentano le stesse mutazioni riscontrate nelle pazienti. Per la generazione dei modelli cellulari umani (colture monodimensionali e organoidi) utilizziamo le cellule staminali pluripotenti indotte (induced Pluripotent Stem Cells, iPSCs), ottenute per riprogrammazione a partire da fibroblasti, cellule tipiche del tessuto connettivo, o da cellule mononucleate del sangue (PBMCs). Dalle iPSCs, grazie ad un processo di differenziamento, si ottengono neuroni e organoidi cerebrali che rappresentano due modelli cellulari fondamentali per studiare gli aspetti molecolari della malattia e testare nuovi approcci terapeutici.
Grazie ad un network di collaborazione con centri clinici e di ricerca e associazioni pazienti nazionali e internazionali, AIRETT in primis, abbiamo potuto raccogliere diversi tipi di campioni (fibroblasti, PBMC e iPSCs). Il sistema di correzione è stato testato nei fibroblasti e le analisi di sequenziamento sono in corso. Parallelamente stiamo caratterizzando nel DNA delle pazienti un polimorfismo funzionale (c.215C>G (p.(Pro72Arg))) che influisce sull’attività di TP53 e potrebbe modulare l’efficienza di correzione nelle cellule. In questo momento stiamo generando le iPSCs da 2 pazienti per ciascuna variante per generare organoidi cerebrali. Gli organoidi generati dalle iPSCs di una prima paziente con la variante p.Thr158Met, attualmente in analisi, presentano differenze strutturali significative rispetto a quelli isogenici WT. Il gruppo di ricerca che si occupa del modello animale sta stabilendo le colonie dei topi MECP2 KI per ognuna delle 4 varianti selezionate e sta procedendo con la caratterizzazione comportamentale. Un altro aspetto importante per il progetto è la scelta dello specifico virus da utilizzare per veicolare il sistema di correzione ai neuroni. Per trattare efficacemente i disturbi cerebrali è necessario attraversare la Barriera EmatoEncefalica (BEE). A questo proposito, sono disponibili varianti ingegnerizzate del sierotipo 9 (AAV9) e i test nei nostri modelli ne dimostrano l’efficienza di infezione dei neuroni in coltura e la capacità di attraversare la BEE nel topo. Tuttavia, questi virus sono ancora lontani dall’essere ottimali poiché una parte significativa si diffonde agli organi periferici riducendo l’efficienza dell’approccio e aumentando il rischio di effetti tossici, soprattutto a livello epatico. Per risolvere questo problema, è attualmente in corso la generazione e la caratterizzazione di nuovi AAV chimerici con una maggiore selettività cerebrale e la capacità di attraversare la BEE. I risultati di questo progetto rappresenteranno una reale opportunità per l’applicazione della terapia genica per la RTT, fornendo così la prima reale possibilità per una terapia.