Congresso Livorno 2004
Osservando le bambine Rett, mi rendo subito conto del loro desiderio di espressività visiva, un desiderio a volte non capito.
I grandi occhi che si spalancano al suono di ritmi binari suonati con tamburi e cembali, mi fanno capire quanto è importante il loro bisogno di equilibrio mancante per una forza maggiore che le sovrasta: la “stereotipia”.
Ma niente è impossibile attraverso il suono e niente avviene per caso o per banalità; il più piccolo gesto la più flebile occhiata, il più leggero sospiro delle bambine Rett, va letto come un valore culturale in ciò che rappresenta e in ciò che vuole dire senza parlare.
Come tutti sanno le onde sonore hanno la forza di smuovere e fare muovere qualsiasi movimento che scaturisca fuori e dentro noi.
Ogni movimento va visto ed ascoltato, osservato con immediatezza riconoscendo in esso la comunicazione non verbale che le bambine vogliono esprimerci, ed è proprio da questo messaggio chiaro e penetrante come mille parole, che noi operatori dobbiamo accogliere il senso reale avvolto in un mistero chiamato Malattia.
La malattia ai nostri occhi, non è altro che qualcosa di diverso dal nostro vivere dal nostro pensare. Ciò che non riusciamo a cogliere e a capire lo sottolineiamo con una parola “malattia”; è da questa parola che ha inizio un lungo percorso per capire e studiare i come e i perché del tutto.
Cerchiamo attraverso una logica non logica, di entrare a fare parte di un mondo che per noi è completamente lontano dalla razionalità ma che forse per le bambine Rett è logica di vivere.
Entriamo nei meandri di un tempo/spazio più lento del nostro e di un percorso ritmico che è senza spazio, il ritmo come ben sappiamo è l’elemento dinamico che esprime l’ordine dei suoni nel tempo esso si combina con gli altri parametri del suono alternando tensione e distensione, forte e piano, acuto e grave. L’osservazione della natura ci suggerisce quanto il ritmo sia fortemente connesso all’esperienza umana e dotato di una forte valenza simbolica: l’alternarsi del giorno e della notte, il moto ondoso, i battiti cardiaci, la respirazione.
Il suono, mezzo emozionale
Il suono è l’elemento capace di essere l’oggetto intermediario per uno sviluppo della comunicazione tendenzialmente non verbale che permette durante il percorso l’ampliamento di espressività e quindi una differenziazione del processo di interazione, è una comunicazione emozionale ed emotiva più arcaica dell’uomo.
Questa mia considerazione nasce dalla capacita di ognuno di noi di riconoscere quale sensazione sentimentale si vuole trasmettere con il linguaggio musicale anche se appartenente ad una cultura diversa e sconosciuta.
Tutti, indiani, europei, cinesi , russi ecc… , sono capaci di comprendere il significato intimo di un brano musicale, tutti riescono ad elaborare e percepire i toni maggiori da quelli minori, i toni bassi da quelli alti, le melodie allegre da quelle tristi.
Quindi anche nelle bambine Rett, il suono viene percepito nei modi intimi che poi istintivamente viene rielaborato, vissuto e in qualsiasi modo riportato verso la fonte da dove è arrivato.
Ancora una volta il suono è riuscito a filtrare le forti vibrazioni ed entrando nel mondo delle Rett.
Le pause devono essere rispettate, gli stimoli entrano, i minuti passano 1,2,3 a volte anche 15 ma non ha importanza il tempo, quello che è importante è avere colto il desiderio di chi ti sta davanti e cerca comunicazione. Tutto questo è quello che succede quando il suono entra e mette in vibrazione le parti lese del soggetto sottoponendolo a confronto con un elemento capace di suscitare emozioni, contatti con la realtà, e slanci verso il mondo esterno.
Stefania Goti, Musicoterapista Asl 12- Neuropsichiatria