In questa sessione si è discusso della problematica relativa all’identificazione e sviluppo di misure specifiche e strumenti di misurazione, da poter utilizzare nei trial clinici, per descrivere i diversi aspetti funzionali compromessi nella sindrome di Rett; particolare importanza è stata data all’utilizzo delle mani, come possibile misura delle abilità funzionali.
Sintesi a cura della dott.ssa Aglaia Vignoli Centro Epilessia, Azienda Ospedaliera San Paolo, Università degli Studi, Milano
Il primo intervento (Sakkubai – Baltimora) ha introdotto il concetto che per ogni aspetto studiato occorre identificare il corretto strumento per “misurare” e quantificare: ad esempio Video EEG in veglia e sonno per le crisi e le MPNE, ECG per le alterazioni cardiache, la MOC per la mineralizzazione ossea, la Vineland e “Mullen” per gli aspetti neuropsicologici…
Durante la rapida successione di esempi ha citato anche: KKI Rett Syndrome Severity Scale (RSSS) e Rett Syndrome Beahaviour Questionaire (RSBQ) (Journ of Child Psychol and Psych,2002). Quest’ultimo consiste in una “checklist” di caratteristiche comportamentali ed emozionali in cui si valuta la presenza/assenza di: stereotipie con le mani e altri distretti corporei, l’utilizzo delle mani, problemi nel sonno, difficoltà respiratorie, disturbi dell’umore, autolesionismo, contatto sociale. I singoli aspetti presi in considerazione nel questionario sono stati tratti dalle descrizioni di RTT presenti in letteratura e confermati dal confronto tra diversi specialisti (medici e terapisti); il questionario può essere somministrato anche ai familiari e può essere utile per evidenziare le caratteristiche presenti nella S. di RTT rispetto a quelle di una popolazione femminile con ritardo mentale senza RTT.
Per gli aspetti fisici è stato fatto l’esempio di uno studio in cui si voleva valutare la relazione tra scoliosi e deambulazione in cui si è utilizzato come strumento un materasso con dei sensori per rilevare i passi (numero dei passi, qualità dei passi), sottolineando sempre l’importanza di ottenere dei risultati quantificabili.
La Dr.ssa Bebbinghton (Australia) ha sottolineato l’importanza di sviluppare delle scale di “severità” nella S. di RTT; per questo scopo è importante scegliere quali caratteristiche misurare e che peso dare a ciascuna, in base all’esperienza clinica. Nel suo studio si è basata su dati raccolti nel Database IRSF InterRet, in cui sono presenti caratteristiche demografiche (per es. età), cliniche e genetiche.
Hanno individuato 182 variabili, suddivise in 26 “raggruppamenti tematici”, di ciascuna hanno indicato la presenza/assenza e l’età di comparsa/scomparsa. Sottolinea l’importanza di raccogliere questi dati per poter valutare la correlazione tra le variabili (per es. con età e il tipo di mutazione).
L’intervento della Dr.ssa Downs (Australia), a nostro avviso il più interessante, si è focalizzato sull’utilizzo delle mani come strumento di “misura” delle abilità funzionali.
Inizialmente sottolinea i limiti dei precedenti studi basati sulle scale Likert (con punteggio da 0 a X) in cui il cut-off non era mai chiaro. Il loro studio si basa su registrazioni Video, effettuate tra il 2004 e 2007, in “setting” domestico o, per quanto possibile, riproducibile una situazione “naturale”. Il protocollo si basa sul lavoro di Burd et al. del 1990 “Hand Apraxia Scale”. La capacità di utilizzare le mani è stata valutata offrendo ai pazienti oggetti grandi e piccoli, mentre mangiavano o in altre attività della vita quotidiana. Hanno osservato la capacità di raggiungere un oggetto, afferrarlo, trattenerlo e in tal caso per quanto tempo, di trasferirlo da una mano all’altra e di manipolarlo. Per abilità superiori hanno valutato l’intenzionalità del gesto, la direzionalità, la capacità di discriminare l’oggetto in base alle dimensioni e forma.
Hanno selezionato 121 pazienti, per 107 sono riusciti ad ottenere utili informazioni sull’utilizzo delle mani.
Hanno valutato l’effetto dell’età, del genotipo, della mobilità spontanea e della frequenza delle stereotipie sull’uso delle mani.
Hanno individuato 8 livelli di funzionamento delle mani da 1 (il peggiore) a 8 (il migliore). Ad esempio nel livello 1 il bambino raggiunge solo l’oggetto, nel livello 2 lo raggiunge e lo afferra per poco, nel livello 3 lo afferra ma c’è una maggior componente di interesse, nel livello 4 afferra un oggetto grande e lo trattiene per più tempo, nel livello 5 manipola oggetti più piccoli (cibo) ma non usando correttamente la mano, etc.
Il livello medio di funzionamento è il livello 4 in cui vi sono prevalentemente soggetti intorno agli 8 anni, poi c’è il livello 5 tra gli 8 e 13 anni, tra i 13 e i 18 anni si osserva invece una caduta delle “performance” al livello 2 ed un’ulteriore caduta si osserva dopo i 21 anni.
Una correlazione tra abilità ad utilizzare le mani è stata osservata anche con una migliore mobilità al momento della valutazione, un esordio tardivo delle stereotipe e bassa frequenza delle stesse.
Per quanto riguarda le mutazioni una buona performance (livello 6) è stata riscontrata in pazienti con p.R133C e p.R294X, scarse abilità in pazienti p.R255X e p.R270X e p. R168X.
Nella discussione si sottolinea l’importanza di creare una rete tra i centri per raccogliere più dati possibili per le elaborazioni statistiche.
Sono tutti concordi nel riconoscere che l’utilizzo delle mani è una misura fondamentale per descrivere il livello di funzionamento. Inoltre l’ultima presentazione evidenzia che la Videoregistrazione è uno strumento economico, alla portata di tutti. Altri suggeriscono di creare delle scale anche per la deambulazione, gli aspetti connessi alla respirazione e al comportamento.
Per studi sulla qualità della vita bisognerebbe mettere a punto questionari da somministrare ai genitori ad esempio sull’utilizzo dei farmaci ed effetti collaterali.