Meir Lotan[1] e Alberto Romano[2]
[1]Ariel Universit of Israel
[2]Centro AIRett Ricerca e Innovazione, Verona
INTRODUZIONE
La Sindrome di Rett (RTT) è caratterizzata da una regressione delle capacità
del funzionamento intellettivo, delle capacità motorie fini e grossolane e delle capacità comunicative, che si manifesta dopo un periodo prenatale e perinatale apparentemente tipico. Altre caratteristiche includono lo sviluppo di movimenti stereotipati delle mani, convulsioni, disturbi respiratori, scoliosi, ritardo della crescita, atassia, aprassia e disturbi dell’andatura. La funzionalità grossomotoria è sempre limitata nella RTT. Nella fase di regressione, le pazienti iniziano a sviluppare difficoltà di coordinazione ed equilibrio che si manifestano con movimenti incontrollati dei segmenti corporei e del tronco. Le funzioni grossomotorie residue vengono solitamente preservate fino all’età adulta, con la maggior parte dei pazienti in grado di camminare con supporto e quasi la metà che può camminare in modo indipendente o con un supporto minimo. Tuttavia, a partire dai 13 anni si osserva una diminuzione della qualità del funzionamento motorio, con un progressivo aumento del supporto necessario alla persona con RTT. Inoltre, fin dalla prima infanzia sono state riportate fluttuazioni del tono muscolare, insieme alla comparsa di rigidità muscolare compensatoria. Nella Sindrome RTT sono frequenti anomalie muscoloscheletriche alla colonna vertebrale e ai piedi, sebbene tutte le articolazioni del corpo possano essere interessate. All’interno di tali complessità legate alla salute, le pazienti affette fanno affidamento su una diagnosi precoce e appropriata, cure adeguate presso centri specializzati e follow-up clinico multidisciplinare. Inoltre, il complesso quadro clinico tipicamente presentato dalla maggior parte delle persone con RTT richiede programmi di intervento riabilitativo intensivi e specifici. I caregivers primari, come i genitori e i familiari e gli operatori di centri educativi e riabilitativi, svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere la salute e il benessere delle persone con disabilità, comprese quelle con RTT. Il coinvolgimento della famiglia nella gestione del bambino aumenta la consistenza e l’efficacia dell’intervento terapeutico fornito.
Poiché l’intervento fisioterapico per la persona con RTT è principalmente volto a compensare e ridurre le disabilità fisiche, l’intervento terapeutico dovrebbe andare al di là di quanto somministrato in sala riabilitativa o durante le sessioni applicate individualmente. I programmi di intervento domiciliare hanno mostrato effetti positivi nel supportare la funzionalità e ridurre la mortalità delle persone con malattie croniche riducendo allo stesso tempo lo stress espresso dai caregiver.
Sebbene l’impatto positivo dell’intervento domiciliare sia stato dimostrato per le persone con malattie croniche, gli interventi fisioterapici sono raramente presentati attraverso la riabilitazione a distanza. In patologie rare come la RTT la riabilitazione a distanza permette a professionisti esperti nel trattamento delle persone affette di raggiungerle sul territorio di residenza facilitando l’accesso a visite specialistiche e permettendo la formazione dei membri della famiglia e del personale di riferimento territoriale.
Verranno presentati tre progetti di riabilitazione motoria a distanza condotti con persone con RTT in Irlanda e Italia con riferimento al raggiungimento degli obiettivi terapeutici e alla soddisfazione delle famiglie coinvolte.
I PROGETTI SVOLTI
Il filo conduttore dei progetti presentati è stato l’utilizzo dei seguenti passaggi:
- Le partecipanti sono state valutate dal vivo per identificare gli obiettivi terapeutici individualizzati in cooperazione con i familiari e i terapisti di riferimento (quando disponibili);
- Sulla base degli obiettivi identificati sono stati strutturati dei programmi individualizzati composti da semplici attività motorie e posturali da svolgersi nella vita quotidiana delle partecipanti ad opera dei familiari e dei terapisti di riferimento che hanno partecipato attivamente alla programmazione delle attività stesse;
- Dall’avvio dei programmi di attività ogni famiglia ha partecipato a incontri regolari di supervisione condotti attraverso videoconferenza. Gli incontri erano finalizzati a supportare l’esecuzione dei programmi rispondendo alle domande dei genitori, adattandoli ai bisogni emergenti, superando problemi e ostacoli, riordinando gli orari, adeguando gli esercizi proposti, valutando e condividendo il raggiungimento degli obiettivi e, se necessario, stabilendo nuovi obiettivi;
- Al termine del programma ogni partecipante è stata nuovamente valutata ed è stato misurato il grado di raggiungimento degli obiettivi riabilitativi proposti.
IRLANDA
Il primo progetto di questa natura è stato svolto in Irlanda nel 2005 e ha coinvolto cinque ragazze con RTT (età media: 8 anni, range: 5-18 anni) con diversi livelli di funzionalità motoria che sono state seguite per sei mesi [1]. Sedici obiettivi terapeutici sono stati identificati. Di questi, 14 (87,5%) sono stati raggiunti ed i progressi ottenuti hanno superato le aspettative dei ricercatori.
SICILIA
Il secondo progetto ha avuto luogo in Sicilia nel 2017 ed ha coinvolto 13 ragazze e donne con RTT (età media: 18 anni, range: 3-34 anni) con quadri funzionali molto diversi tra loro. Le partecipanti sono state seguite per un periodo di tre mesi [2]. Sono stati identificati un totale di 47 obiettivi motori legati alla funzionalità motoria, alla mobilità articolare e alla salute fisica generale. Di questi, 37 (78,7%) sono stati raggiunti come previsto o hanno superato le aspettative dei ricercatori.
NORD-EST ITALIA
Il terzo progetto è stato condotto tra il 2019 e il 2020 nelle regioni Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia-Giulia e ha coinvolto 40 bambine e donne con RTT (età media: 16 anni, range: 3-40 anni) che sono state seguite per un arco di tempo di compreso tra 3 e 4,5 mesi. Tra tutte le partecipanti sono stati impostati 176 obiettivi terapeutici dei quali 145 (82,4%) sono stati raggiunti o superati. Inoltre, la maggior parte dei risultati ottenuti si sono conservati e sono stati mantenuti a tre mesi di distanza dall’interruzione delle supervisioni online. Al termine dell’intervento, sette partecipanti avevano imparato a stare sedute in modo stabile senza aiuto e una aveva migliorato questa abilità. Quattordici ragazze avevano ridotto l’aiuto necessario a stare in piedi e due non necessitavano più di appoggio. Inoltre, 16 partecipanti hanno migliorato la capacità di cammino. Di queste, 10 avevano raggiunto il cammino autonomo al termine dell’intervento (Figura 1).
All’interno di questo progetto 20 partecipanti hanno ricevuto un programma specifico di prevenzione della progressione della scoliosi. Durante l’anno in cui è stato svolto il progetto queste partecipanti hanno mostrato un grado di progressione medio della curva pari a 1,7±8,7°Cobb. Considerato che la letteratura scientifica riporta una progressione media annuale della scoliosi compresa tra i 14 e i 21°Cobb [11,14,16], si può concludere che l’intervento è stato in grado di limitare il peggioramento della scoliosi in queste partecipanti. Seppur 12 (60%) delle partecipanti abbia mostrato un peggioramento di varia entità, in otto (40%) partecipanti è stato riscontrato un miglioramento della curva (vedere Figura 2).
Tra queste, in due casi che mostravano una curva ancora mobile l’intervento è stato in grado di far scomparire completamente la scoliosi [3].
SODDISFAZIONE RISPETTO ALL’INTERVENTO
In tutti e tre i progetti svolti è stata misurata la soddisfazione delle famiglie partecipanti rispetto all’intervento svolto. In ognuno dei progetti è stato riscontrato un alto livello di soddisfazione rispetto al raggiungimento degli obiettivi terapeutici e del cambiamento di funzionalità ottenuto dalle partecipanti. Un alto grado di soddisfazione è anche stato riferito in merito al livello di adattamento del programma rispetto alle caratteristiche peculiari e alla routine quotidiana delle partecipanti e delle famiglie. La grande maggioranza delle famiglie partecipanti ha riferito il desiderio di continuare con le attività previste nel programma anche al termine dei progetti di ricerca. Infine, seppur i programmi non siano stati riferiti come difficili da implementare, diverse famiglie hanno riferito come il periodo in cui è stato svolto il programma siastato per loro impegnativo e che, al termine del progetto avrebbero continuato con una intensità leggermente ridotta. [1,2,4].
CONCLUSIONI
Queste informazioni suggeriscono che i programmi di attività individualizzati e supervisionati da remoto sono un valido strumento per la riabilitazione motoria delle persone con RTT. I programmi di questo tipo devono essere fortemente individualizzati sulle caratteristiche peculiari delle partecipanti e delle loro famiglie e devono risultare di semplice comprensione e implementazione. Durante lo svolgimento di questi programmi, le famiglie partecipanti devono essere seguite da vicino ed è opportuno applicare continui adattamenti ai programmi così da seguire i bisogni emergenti delle persone coinvolte (sia della persona con RTT che di coloro che svolgono con lei il programma). Infine, è consigliabile realizzare programmi di attività supervisionati di durata trimestrale, alternando periodi di miglioramento (periodi con supervisioni da remoto) a periodi di ripresa e consolidamento dei progressi (ad un ritmo più lieve, senza supervisioni da remoto).