Le mutazioni sul gene x-linked CDKL5 sono una nota causa di encefalopatia epilettica ad esordio precoce e di gravi quadri neurologici. Le principali caratteristiche cliniche sono l’esordio di crisi epilettiche entro i 4 mesi di vita, la presenza di microcefalia secondaria e di grave ritardo psicomotorio e del linguaggio, spesso si associano stereotipie motorie delle mani. Il ritardo psicomotorio, accompagnato da scarso aggancio visivo e difficoltà di nutrizione, possono precedere l’esordio dell’epilessia. La patologia è molto rara nei maschi che presentano un quadro clinico più grave delle femmine. Per la somiglianza delle caratteristiche cliniche con le pazienti affette da mutazioni MECP2, spesso viene definita come variante precoce della sindrome di Rett o Rett atipica. Nelle forme più gravi di CDKL5 le caratteristiche tipiche della sindrome di Rett sono mancanti. Nella Sindrome di Rett classica le crisi epilettiche raramente esordiscono prima dei 3 anni, mentre nelle forme correlate a CDKL5 e, in minor misura, nelle forme congenite correlate a MECP2, le crisi compaiono tra i primi giorni di vita e il quarto mese frequentemente con spasmi infantili. Alcuni pazienti vanno incontro ad una remissione delle crisi epilettiche dopo i 3 anni di vita, i restanti continuano a presentare spasmi refrattari alle terapie antiepilettiche, crisi multifocali e miocloniche. In un recente studio di Muller et al. è stato visto come difficilmente i farmaci antiepilettici siano efficaci a lungo termine in questi pazienti che spesso presentano un’epilessia resistente ai tradizionali trattamenti inclusi la dieta chetogenica e i boli di terapia steroidea.
I fitocannabinoidi sono circa 70 composti chimici presenti nella pianta di C. sativa, di cui due sono le principali molecole attive: il tetra-idro-cannabinolo (THC) che ha effetti psicotropi ed antalgici e il cannabidiolo (CBD) con proprietà miorilassanti e anticonvulsivanti. L’assorbimento per via orale è pari al 25-30% rispetto alla via inalatoria, le sostanze si distribuiscono in tutto l’organismo e la trasformazione ha sede a livello del fegato nel metabolita biologicamente attivo (11-OH-THC), l’eliminazione avviene attraverso le urine (dove ne sono riscontrabili tracce anche dopo diverse settimane dall’ultima assunzione). L’azione del THC è sui recettori cannabinoidi CB1 (SNC) e CB2 con effetti sistemici cardiovascolari, polmonari, neuro-cognitivi, muscolo-scheletrici, oculari. Gli impieghi di cannabis ad uso medico sono numerosi e riguardano in particolare: l’analgesia nella spasticità associata a dolore resistente alle terapie convenzionali e nel dolore cronico, in particolare neurogeno, il rilassamento muscolare nella S. di Tourette, l’effetto antichinetosico ed antiemetico nella nausea e nel vomito da chemio-radioterapie, l’effetto stimolante dell’appetito nei casi di cachessia ed anoressia, l’effetto ipotensivo nel glaucoma; dagli studi presenti in letteratura si aggiungono inoltre proprietà antidepressive, anticonvulsivanti e di induzione e regolazione del sonno.
Il CBD ha mostrato effetti anticonvulsivanti sia negli esperimenti effettuati in vitro che in vivo; l’effetto neuroprotettivo del CBD è stato anch’esso confermato da studi in vitro. Gli studi open label svolti fino ad ora sull’uso di CBD ne supportano sicurezza ed efficacia in molte forme di epilessia farmacoresistenti tra cui quelle associate a sclerosi tuberosa, FIRES, epilessia focale, sindrome di Sturge-Weber ed altre. L’efficacia del THC rimane invece ancora oggetto di studio.
Nella nostra Unità Operativa abbiamo avuto la possibilità di seguire due bambini con epilessia farmacoresistente CDKL5 correlata che hanno presentato beneficio dalla terapia con cannabinoidi.
Il primo caso è una bambina di 10 anni con encefalopatia epilettica CDKL5 correlata, tetraparesi spastico-distonica e grave disabilità intellettiva. Ha presentato esordio degli episodi critici ad un mese di vita con crisi toniche a frequenza pluriquotidiana. Negli anni sono stati effettuati numerosi tentativi terapeutici con scarso beneficio e persistenza di crisi polimorfe pluriquotidiane, In particolare sono stati somministrati: vigabatrin, topiramato, carbamazepina, cicli di ACTH e idrocortisone (nel primo anno di vita, sospesi per comparsa di effetti collaterali), lamotrigina, clobazam, acetazolamide, nitrazepam, clonazepam, fenobarbital, dieta chetogenica, rufinamide. All’età di 4 anni è stata posta diagnosi genetica di mutazione de novo sul gene CDKL5 in eterozigosi (c.879dupG) presso la NYU MC di New York e la Columbia University. Nello stesso periodo negli Stati Uniti ha avviato terapia con felbamato con beneficio e riduzione della frequenza delle crisi epilettiche, successivamente è stato reintrodotto clobazam in add on, dapprima con lieve beneficio, poi con ritorno a crisi a grappoli, settimanali, con fluttuazioni. Dall’estate 2014 avviato CBD (inizialmente Bediol che contiene anche quantità ridotte di THC, poi ha cambiato formulazione passando a Bedrolite contentente unicamente CBD al 9,9%) con graduale aumento posologico fino ad arrivare al dosaggio di 20 mg/kg/ die: la terapia è ben tollerata e ha indotto riduzione della spasticità e della frequenza delle crisi, che si presentano a grappolo solo in corrispondenza di episodi infettivi o di stress; si è rilevato un marcato beneficio elettroclinico ed è stato possibile ridurre la posologia dei farmaci antiepilettici in uso.
Il secondo caso è quello di un ragazzino di 12 anni con encefalopatia epilettica CDKL5 correlata, tetraparesi spastico-distonica, grave disabilità intellettiva, portatore di gastrostomia per nutrizione enterale dai 10 anni di vita. Ha presentato esordio di episodi critici all’età di 20 giorni con cianosi ed ipertono ai 4 arti e dai 3 mesi comparsa di spasmi, per cui era stato somministrato un ciclo di ACTH ed avviata terapia con vigabatrin, senza beneficio. In seguito ha sviluppato una forma di epilessia farmacoresistente con crisi pluriquotidiane polimorfe; sono stati somministrati numerosi farmaci tra cui: acido valproico, clonazepam, lamotrigina, levetiracetam, lacosamide, topiramato, tutti sospesi per scarsa efficacia. Nella prima valutazione presso la nostra Unità Operativa nel 2015, è stato eseguito pannello next generation sequencing per encefalopatie epilettiche con riscontro di una mutazione de novo sul gene CDKL5 (p.Ser557fs). È stata proposta alla madre terapia con CBD, avviata poi con la formulazione Bedrolite fino al dosaggio di 20 mg/ kg/die, con riferita buona tolleranza in assenza di effetti collaterali. Il ragazzo ha assunto la terapia per alcuni mesi con marcato beneficio: graduale scomparsa degli episodi critici (in precedenza crisi toniche a frequenza settimanale), riduzione della spasticità, miglioramento della disfagia e riduzione della stipsi. La terapia è stata sospesa lo scorso autunno per trasferimento del medico prescrittore e conseguenti difficoltà di approvvigionamento, con peggioramento della spasticità e della frequenza delle crisi epilettiche. All’ultimo contatto la famiglia, che ha rilevanti difficoltà a spostarsi, ha individuato un nuovo medico prescrittore locale e ha quindi in programma riavvio di tale trattamento.
La terapia con CBD si è dimostrata sicura ed efficace nella riduzione in frequenza degli episodi critici anche negli studi open label effettuati fino ad ora in pazienti con epilessie farmacoresistenti. L’efficacia e la tollerabilità del THC isolato o in associazione al CBD sono tuttora oggetto di studio. Considerata l’attuale diffusione ed il crescente utilizzo di preparati a base di fitocannabinoidi in questo tipo di patologie, si ritengono necessari ulteriori studi osservazionali e trial randomizzati controllati su numeri più rilevanti di pazienti per meglio comprenderne i profili di efficacia, le interazioni con gli altri farmaci antiepilettici ed il corretto utilizzo.