Il progetto di ricerca scientifica che abbiamo intrapreso con il sostegno di AIRett ha come scopo ultimo l’identificazione di molecole capaci di riattivare la copia (allele) silente del gene umano MECP2, ponendo le premesse per una strategia terapeutica per
la Sindrome di Rett.
Le tipologie di intervento terapeutico attuali sono molto diversificate: per lo più sono trattamenti sintomatici, che mirano a ristabilire una corretta funzionalità cellulare intervenendo sui processi che normalmente sono controllati da MECP2.
Questi però sono numerosi e diversi e non sempre conosciuti. Pertanto, sono stati ideati approcci alternativi in cui il bersaglio è lo stesso MECP2: ripristinando la sua corretta “espressione”, infatti, si ricostituiscono automaticamente tutti i processi dipendenti da MECP2, anche quelli sconosciuti.
Ad esempio, mediante la terapia genica si sta provando a “riparare” la copia di MECP2 mutata. In questo contesto, esiste un’ulteriore possibilità di intervento che si basa su un aspetto fondamentale della biologia di MECP2: la sua localizzazione sul cromosoma sessuale X lo rende soggetto a un fenomeno biologico chiamato inattivazione del cromosoma X (XCI). La XCI determina nel corpo delle femmine di mammifero la presenza di due distinte popolazioni cellulari: in una è attivo il cromosoma X ereditato dal padre e l’X materno è inattivo, nell’altra si verifica la situazione opposta. Normalmente, l’inattivazione è casuale (random) e ciascun cromosoma X può essere “spento” con la medesima probabilità. Tuttavia, nella popolazione femminile umana è molto comune osservare variazioni rispetto a questa casualità, fino al caso estremo di inattivazione preferenziale di uno stesso X in tutte le cellule. In questi casi si parla di inattivazione sbilanciata (skewing). In virtù della XCI, anche per il gene MECP2 viene espresso uno solo dei due alleli in ogni cellula. Pertanto, nella Rett gli organi e i tessuti delle pazienti (cervello incluso) sono un mosaico di cellule che esprimono alternativamente l’allele sano o l’allele mutato. Se in caso di skewing viene favorita l’espressione dell’allele sano si determina un effetto neuro-protettivo, con una sintomatologia neurologica meno severa.
La XCI è un complicato processo epigenetico: consiste in una serie di modifiche biochimiche del DNA e delle proteine ad esso associate, che non alterano la sequenza del DNA ma sono ereditabili da una generazione alla successiva. Benché stabili, tuttavia queste modifiche sono reversibili e anche la XCI è in realtà un processo reversibile in particolari contesti e momenti della vita embrionale. Inoltre, recenti scoperte hanno dimostrato che è possibile cancellare la XCI anche nelle cellule già specializzate attraverso specifici trattamenti farmacologici o genetici.
Con queste premesse, a partire dal 2014 vari gruppi di ricerca si sono messi a caccia di composti capaci di riattivare (rendere “ON”) l’allele MECP2 silente (cioè la copia che si trova in uno stato “OFF” a causa dell’XCI) presente nelle cellule. Tuttavia, per evitare gli effetti deleteri dovuti alla riattivazione dell’intero o di gran parte del cromosoma X, si dovrebbe ottenere la riattivazione di una porzione circoscritta al solo gene MECP2, modificandone lo stato epigenetico localmente.
Il nostro obiettivo è di identificare molecole capaci di intervenire specificamente sulle modifiche epigenetiche che stabiliscono lo stato ON/OFF del gene MECP2 rendendo attive entrambe le copie. Il progetto è organizzato in diverse fasi sperimentali,
illustrate nella figura.
Una prima parte (in verde) è stata dedicata alla creazione di sistemi modello di topo (animali e cellule transgenici), sui quali stiamo sviluppando la fase di screening molecolare (in giallo scuro). I modelli di topo verranno utilizzati anche nella fase post-screening (in giallo chiaro), per lo studio dettagliato dell’effetto delle molecole “ri-attivatrici”. Contemporaneamente, è stato generato anche un modello umano della malattia (in azzurro), coinvolgendo direttamente le famiglie presso l’Auxologico di Milano. Le cellule del sangue derivate dalle pazienti Rett sono state “riprogrammate” in vitro per produrre cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs). Per ciascuna paziente abbiamo generato cloni che esprimono la copia mutata di MECP2 e cloni normali, con patrimonio genetico identico alle malate, ma che esprimono la copia sana (controlli isogenici). Da queste, grazie all’utilizzo di specifici terreni di coltura e mediante un processo molto lungo (4 mesi per ottenere un neurone maturo), abbiamo derivato in vitro cellule neurali sane e malate. Nell’ultima fase del progetto, le cellule neurali derivate da pazienti saranno utilizzate per la sperimentazione delle molecole selezionate sul modello animale, per verificare che funzionino anche sul gene MECP2 umano e soprattutto che siano in grado di recuperare i difetti delle cellule Rett. Infatti, sebbene il topo rappresenti un sistema modello insostituibile per lo studio delle malattie umane, comprese quelle che colpiscono il sistema nervoso, e per sperimentare nuovi farmaci, tuttavia, il cervello umano ed il nostro genoma sono molto più complessi. Inoltre, è fondamentale utilizzare un modello di cellule neuronali umane recanti le specifiche mutazioni associate alla patologia Rett, in quanto la gravità del quadro clinico sviluppato differisce in funzione dello specifico difetto genetico. Il modello paziente-specifico permette quindi di valutare il recupero funzionale conseguente la riattivazione del gene MECP2 in neuroni con uno specifico assetto genetico.
Per poter determinare in maniera semplice e diretta quale copia del gene Mecp2 sia quella attiva ed eventualmente “cogliere” facilmente gli eventi di riattivazione, le cellule che utilizziamo sono state derivate da topi femmina geneticamente modificati in cui ciascuna copia del gene Mecp2 produce una proteina MeCP2 legata a un “tracciante” (reporter) fluorescente di colore diverso. L’idea di un modello murino a doppio reporter è stata ispirata da un modello simile sviluppato dal dott. A. Cerase e condivisa con lui nel corso di una collaborazione. Tuttavia rispetto al suo e ad altri modelli, il nostro presenta alcuni vantaggi che lo rendono più accurato: l’inattivazione del cromosoma X è fisiologica e non “forzata sperimentalmente” e l’espressione di ciascun allele di Mecp2 può essere visualizzata con metodi diretti. Il gene reporter eGFP e il gene reporter mCherry (che producono rispettivamente una proteina fluorescente verde e una rossa) sono stati inseriti in continuità con ciascun allele del gene Mecp2 in modo da produrre due diverse proteine MeCP2-reporter, di diverso colore. Con tecniche di osservazione diretta come la microscopia a fluorescenza nei tessuti cerebrali o nelle cellule nervose prelevati dagli animali possiamo facilmente verificare lo stato di attivazione del gene Mecp2. Inoltre, mediante la citofluorimetria (FACS, Fluorescence Activated Cell Sorting) ogni singola cellula di una coltura o derivata da un tessuto può essere analizzata e separata dalle altre in base al colore e all’intensità della fluorescenza che porta. In questo modo possiamo separare le sotto-popolazioni di cellule con attivo l’allele MECP2 con il reporter rosso o quello fuso al reporter verde. Nella fase di screening, per analizzare velocemente e contemporaneamente numerosi campioni, le cellule “rosse” o “verdi” vengono cresciute in micropiastre, trattate con i composti e quindi analizzate con un lettore multisegnale per misurare i segnali di fluorescenza rossa/verde.
La sperimentazione preclinica sarà eseguita su colture cellulari in vitro. Per valutare la funzionalità dei neuroni abbiamo individuato dei parametri distintivi misurabili (biomarcatori). La loro misurazione consentirà di stabilire l’efficacia dei composti individuati. Infatti, se riattivando l’allele normale di MECP2 i neuroni Rett recuperano una corretta funzionalità, i valori dei biomarcatori alterati dovrebbero tornare sui livelli “normali” dei neuroni sani. Per esempio, i neuroni con le mutazioni p.Arg255ter e p.Arg168ter dopo 42 e 70 giorni in coltura, mostrano un nucleo cellulare più piccolo di quello dei neuroni normali. Dunque, possiamo immaginare che la riaccensione della copia sana silente di MECP2 permetta il ripristino delle corrette dimensioni del nucleo recuperando la mancata funzione della copia mutata di MECP2. Inoltre in collaborazione con il gruppo di ricerca del prof Pizzorusso (Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa) sono state valutate le proprietà “elettriche” di queste stesse cellule. I neuroni infatti hanno la capacità di comunicare tra loro scambiandosi impulsi elettrici ad altissima velocità. Questi impulsi, chiamati “potenziali di azione”, vengono misurati mediante patch-clamp, una tecnica usata in elettrofisiologia: con un microelettrodo posto a contatto con un singolo neurone, si misurano le correnti che attraversano la membrana cellulare. Misurando la capacità di un neurone di generare potenziali d’azione e le loro caratteristiche è possibile stabilire il suo livello di maturazione. I neuroni immaturi non riescono a generare potenziali d‘azione. Nel corso della maturazione, il neurone riesce a generare un singolo potenziale d’azione. In seguito, genera più di un potenziale d’azione, ma con “forme” diverse. Infine il neurone maturo e perfettamente funzionante è capace di generare una serie di potenziali d’azione identici fra loro. La figura mostra un esempio per ciascuna delle 4 classi di maturazione. I grafici a torta rappresentano la frequenza di ciascuna classe nelle popolazioni neuronali generate dai cloni derivati dalle pazienti. Si nota che tra i neuroni con il difetto genetico in MECP2 ci sono meno cellule mature rispetto a quelli normali. Questo sistema di classificazione della maturazione dei neuroni è un metodo veloce per identificare la malattia e per valutare il recupero indotto da terapie o farmaci.
Le fasi per la generazione dei modelli di studio
sono state molto delicate e le più onerose in termini di tempo e di denaro. Le procedure per ottenere le autorizzazioni alla sperimentazione animale e per apportare variazioni al progetto hanno richiesto tempi lunghissimi in ragione delle ferree restrizioni etico-giuridiche in materia e della complessità della burocrazia. Durante il lockdown, inoltre, le attività sperimentali in laboratorio sono procedute a singhiozzo, per via delle limitazioni imposte dalla pandemia. Siamo stati costretti a chiudere i laboratori per 3 mesi interrompendo la sperimentazione animale e la derivazione delle cellule neurali. Abbiamo perso materiale prezioso e dovuto ridurre le colonie di animali, sacrificandone molti inutilmente.
Durante il convegno nazionale Sindrome di Rett organizzato da AIRett a Cassano d’Adda nel 2017,
ogni gruppo di ricerca vincitore del bando AIR 2016 è stato invitato a presentare il proprio progetto. Questo contesto ha creato l’occasione per un confronto scientifico tra i gruppi di ricerca del CNR di Napoli e dell’Istituto Auxologico di Milano e gettato i presupposti per una successiva collaborazione. Sulla base dei dati preliminari di entrambi i gruppi, è nata l’idea di presentare un progetto congiunto per il bando AIR successivo. Possiamo affermare quindi che non solo AIR ha rappresentato un sostegno alla ricerca supportando i nostri progetti ma ha anche un importante ruolo di mediazione, creando le premesse per la nostra collaborazione professionale!